L’esperienza dei genocidi del Novecento fornisce indizi molto precisi sulle derive umanitarie da evitare
Il 27 gennaio viene celebrata la liberazione del campo di sterminio di Aushwitz e con essa “La giornata della Memoria”. Ricordare le vittime delle atrocità commesse dai due regimi fascista e nazista è un invito a riflettere. Il ricordo non è un nostalgico voltarsi indietro nella Storia, ma dare un senso al passato per costruire un futuro che non ne ripeta gli errori. La memoria è una sorgente viva, che va alimentata e ha tanti risvolti, in positivo o in negativo, a seconda di come viene trattata. Riflettere sugli avvenimenti che ci hanno preceduto per capire il presente significa ricercare le coordinate che ci permettano di interpretare le nuove situazioni con la consapevolezza dei pericoli o delle opportunità che certi meccanismi culturali, sociali e individuali innescano. L’esperienza dei genocidi del Novecento fornisce indizi molto precisi sulle pretese di egemonia geopolitica e sulle derive umanitarie da evitare; mentre l’impegno di tutti a favore dei perseguitati, la richiesta di libertà, l’autonomia di pensiero e l’istanza di difesa della dignità umana, sono altrettanti referenti da assumere per evitare le trappole dell’arroganza, della negazione della verità, del rifiuto della diversità, della chiusura all’altro. “È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo. (Anna Frank).
Concetta Tomasetti