Angiuoni: «Ai giovani dico che…»


L’imprenditore cittadino onorario esorta le nuove generazioni a credere di più nei propri mezzi e racconta con orgoglio i successi professionali di Stefano Laurenzano

Enzo Angiuoni e Stefano Laurenzano

Questa è la storia di uno di noi, cantava Adriano Celentano negli anni ’60. Con una leggera forzatura potremmo dire che questa è la storia di due di noi: Enzo Angiuoni e Stefano Laurenzano. Il primo non ha bisogno di essere presentato, la sua storia è scritta nelle pagine più belle della nostra città che, tre anni fa, lo ha “eletto” per tali ragioni cittadino onorario. In questa occasione ci soffermiamo sul secondo, un ragazzo atripaldese di 30 anni, figlio di Aldo Laurenzano e Rita Noce, che dopo essersi brillantemente laureato alcuni anni fa, oggi vive e lavora con Enzo Angiuoni in Brianza, ricoprendo ruoli di prestigio e responsabilità: «Stefano è un ragazzo in gamba – afferma l’imprenditore – e sono contento di avergli dato un’opportunità perché davvero se l’è meritata. Parlare di lui mi da l’opportunità di rivolgermi ai giovani di oggi, ai quali vorrei dire di crederci, crederci sempre, come ha fatto Stefano».

Come vi siete conosciuti?

Naturalmente già conoscevo i genitori e lo zio Eugenio con cui giocavo a pallone. E, conoscevo anche il nonno, una delle persone nobili e facoltose di Atripalda ai tempi in cui ero un ragazzo che frequentava i vicoli del centro storico. Stefano studiava Ingegneria Gestionale all’università di Castellanza, quando un giorno venne a trovarmi per chiedermi se poteva preparare una tesi sulla mia azienda. Naturalmente lo aiutai a realizzarla e quando si laureò mi invitò alla seduta. Fu una giornata speciale, emozionante, che trascorsi insieme a tutta la sua famiglia.

Poi che successe?

Qualche tempo dopo venne a trovarmi per dirmi che aveva deciso di restare in Lombardia e di aver trovato un posto di lavoro in una ditta di spedizioni. Mi congratulai con lui, perché era un ragazzo positivo, pieno di voglia di fare. Ma quando se ne andò mi sono detto: perché non tenerlo con me? Lo chiamai subito e gli dissi: Vuoi davvero chiuderti in un ufficio? Se vuoi posso darti un posto nel settore commerciale. Ne fu entusiasta, accettò subito e rapidamente cominciò a bruciare le tappe. Ha fatto esperienza in magazzino, è stato in Inghilterra ad imparare la lingua ed è diventato bravissimo.

Oggi di cosa si occupa?

E’ il responsabile della rete commerciale, è a capo di un gruppo di una decina di persone che girano il mondo per vendere i nostri prodotti. Ci sa fare: è simpatico, brillante. I nostri partner mi chiamano spesso per tesserne le lodi. Grazie ad una sua intuizione sono anche riuscito ad abbattere di circa 100mila euro i costi della spedizione.

Quindi oggi è contento di avergli offerto un’occasione importante?

La fortuna di Stefano è stata quella di aver trovato persone che hanno creduto in lui. Lui è venuto qui, ha studiato, ha avuto fiducia in se stesso e nelle sue capacità. Io gli ho solo aperto la porta. E ciò sta a significare che nella vita le opportunità prima o poi arrivano, l’importante è farsi trovare pronti e saperle cogliere. Stefano non avrebbe avuto difficoltà a realizzarsi anche ad Atripalda, ma non so se avrebbe realizzato i suoi sogni. Il messaggio che voglio lanciare ai giovani è quello di non accontentarsi e di meritare una chance. Non avrei mai offerto un lavoro a Stefano se non fossi stato convinto che era capace di farlo.

Che rapporto c’è fra di voi?

C’è molta confidenza, scherziamo e parliamo spesso di Atripalda, della città che portiamo entrambi nel cuore. Certo io forse amo una città che non esiste più, che contava tremila abitanti, senza palazzoni, con un bellissimo fiume, conosciuta e apprezzata da tutti. Ecco, vorrei che Atripalda assomigliasse a quella di mezzo secolo fa. Era bellissima. Nella vita sono stato fortunato e quando posso offro il mio contributo affinché Atripalda torni a risplendere come un tempo. Vorrei fare qualcosa, per esempio, per la ricostruzione del campanile della chiesa madre, ne ho parlato anche con don Fabio e ci stiamo lavorando. E evo dire anche grazie a persone che non ci sono più come Sabino Tomasetti e Galante Colucci, che hanno scritto pagine bellissime della storia di Atripalda, se il ricordo è ancora vivo e se oggi sono così innamorato della mia città.



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