Il primo cittadino commenta l’ordinanza del tribunale di Avellino che ha annullato il decreto di sospensione dal lavoro
In riferimento alle notizie, apparse su alcuni mezzi di informazione, riguardanti l’ordinanza del Tribunale di Avellino con la quale sarebbero stati reintegrati tre dipendenti, indagati per i rimborsi spese in busta paga, sospesi in via cautelare dall’Amministrazione, il Sindaco ritiene doveroso fare alcune precisazioni:
1) Il Tribunale ha espressamente affermato che il provvedimento col quale fu disposta la sospensione dei dipendenti comunali indagati è chiaramente motivato, con riferimento ai presupposti di fatto che ne hanno determinato l’adozione, enucleati ed adeguatamente specificati in quanto fondati sull’esistenza di un procedimento penale nella fase delle indagini preliminari, nel corso del quale sono stati disposti provvedimenti di sequestro, con le conseguenti necessità di tutela onde evitare inquinamenti probatori e lesioni dell’immagine dell’amministrazione.
2) Tale provvedimento di sospensione aveva carattere meramente cautelare, in quanto nei confronti dei dipendenti in questione sono stati avviati procedimenti disciplinari che, a norma dell’art. 55 ter, comma 1°, D.Lgs. n. 165/2001, sono stati solo sospesi in attesa degli esiti del procedimento penale e che sono, quindi, tuttora pendenti.
3) Ne consegue che il Tribunale non ha affatto reintegrato in via definitiva i dipendenti sospesi, ma ha solamente, con ordinanza cautelare e non già con sentenza, disposto che gli stessi rientrino in servizio, fermo restando, ovviamente, gli sviluppi dei procedimenti disciplinari tuttora in corso sia pure in una fase di provvisoria quiescenza.
4) Il Tribunale non ha certo negato il diritto dell’Amministrazione di sospendere i dipendenti sottoposti a procedimento penale anche nelle more della pendenza dei procedimenti disciplinari e nonostante la sospensione provvisoria degli stessi, come espressamente previsto dal citato art. 55 ter D.Lgs. n. 165/2001, ma ha rilevato solo che, a norma del C.C.N.L., stante il tempo trascorso, occorre che vi sia stato almeno il rinvio a giudizio degli indagati, oppure l’applicazione di una misura cautelare personale coercitiva da parte del GIP su richiesta della Procura.
5) Pertanto i tre dipendenti debbono rientrare in servizio solo in via provvisoria, in attesa che si verifichino, eventualmente, le condizioni che giustificano, od impongono, l’adozione di un’altra eventuale sospensione e l’eventuale irrogazione di una sanzione disciplinare.
Il Sindaco analizza tecnicamente, fa bene, la vicenda del reintegro. Nulla da eccepire. Si deduce dalle sue parole che la vicenda non è chiusa se pur dispersa nei meandri di una giustizia lenta, tanto lenta da tramutarla in ingiustizia. Un’ingiustizia, anche morale, che capovolge principi elementari nella gestione della cosa pubblica che non è merce, sacco della spesa da cui attingere per capricci personali, fossero anche dettati da necessità contingenti e disperate del singolo soggetto implicato. Chiariamo che il reintegro non è innocenza (pare , sempre secondo le carte, che i fatti siano conclamati).
Diveniamo così ad un’amara conclusione: ad Atripalda si può rubare e/o appropriarsi indebitamente di soldi e compensi non previsti (perché questo è scritto nelle carte, non lo dico io o il sindaco o qualsiasi altro sprovveduto commentatore) senza pagarne il fio, basta avere l’avvocato giusto che riscontri l’appiglio, il cavillo e un giudice […] che crei, almeno per ciò che concerne Atripalda, un precedente clamoroso che in verità meritava una narrazione diversa anche da parte degli organi di stampa che invece hanno preferito allinearsi alla linea del “soporimento assistito” della vicenda, trasformandola pian piano in una riadattata favola di Robin Hood, solo che in questo caso si rubavano i soldi nostri non per darli ai poveri ma per darli in pasto a pescecani avidi. Si è persa la bussola, l’hanno persa i dipendenti pubblici che si sentono autorizzati, in un contesto di scarsa legalità, a comportarsi oggi come vittime incapaci di ammettere l’errore (un’ammissione ed una dichiarazione avrebbero aperto uno squarcio di speranza per la cittadinanza che ama la legalità), l’ha persa Atripalda che si arrende, anch’essa, all’idea sempre più diffusa del “così fan tutti…”.
Ebbene non lo fanno tutti, io per primo mi sento offeso e distante da una simile pratica, ed è probabile che qualcuno (di buona fede) provi a mettere in moto un’azione legale come parte lesa, come cittadino derubato, per una pretesa di giustizia, che forse non arriverà ma in cui si deve assolutamente sperare. Io lo appoggerei senza esitare.
Nel frattempo aguzzerò lo sguardo aspettando che all’orizzonte si profili una reazione della politica atripaldese, per adesso niente, solo polvere, repentinamente rimessa sotto il tappeto , senza una parola, senza dignità. Si vedrà.
Questo l’aveva capito anche mio figlio e, quindi? Il provvedimento non poteva essere fatto perché mancavano e mancano ancora i presupposti…
…che poi si potrà fare è un altro discorso…che pensa che abbiamo l’anello al naso…noi sappiamo leggere e chi ha fatto il provvedimento di sospensione (dichiarato illegittimo per vizio di diritto) che non ha letto o saputo leggere le norme che lo regolavano