Altri due si sono messi in ferie mentre il quarto sta per chiedere di rientrare in servizio sulla scorta della decisione assunta dal Tribunale. Secondo il legale Chieffo, però, la vicenda è ancora tutta da scrivere…
Dopo oltre otto mesi di riposo forzato, tre dei quattro dipendenti indagati per truffa aggravata, perché coinvolti dell’inchiesta delle buste paga gonfiate da falsi rimborsi chilometrici, lunedì scorso sono rientrati in servizio. Per la precisione, però, uno soltanto è tornato davvero a lavorare mentre gli altri due, dopo un paio d’ore, hanno chiesto ed ottenuto quindici giorni di ferie. Il quarto dipendente, invece, si starebbe preparando ad avanzare una richiesta di reintegro sulla scorta dell’accoglimento totale del ricorso presentato da tre dei quattro dipendenti, assistiti dall’avvocato Alfonso Maria Chieffo, contro la sospensione dal servizio con riduzione del trattamento economico al 50% firmata dal sindaco Spagnuolo nel febbraio scorso. “Il provvedimento di sospensione – si legge nell’ordinanza assunta dai magistrati Luce, De Tullio e Molinario – appare emesso al di fuori delle ipotesi previste nella disciplina: non v’è stata restrizione della libertà personale, non v’è stato rinvio a giudizio e quindi non v’è stato alcuno dei presupposti che legittimerebbero l’ente, datore di lavoro, alla sospensione facoltativa dei dipendenti. L’Amministrazione, cioè, ha sospeso i propri dipendenti al di fuori delle ipotesi in cui è consentita una tale iniziativa, che pertanto appare illegittima”. Ma l’aspetto giuridico non resta l’unico di una decisione, come la sospensione cautelare adottata dal sindaco Spagnuolo, quasi necessaria per rispondere all’indignazione e alla collera della pubblica opinione, dando un segno urgente di reazione. Anzi, nella maggioranza forse vi era anche chi, se avesse potuto, avrebbe disposto anche il licenziamento. Si potrebbe quasi concludere che Spagnuolo avrà, in quella occasione, forse sbagliato come giurista, ma non come sindaco. Intanto, secondo il legale della difesa, la vicenda è ancora tutta da svelare…
Avvocato Chieffo, come commenta l’ordinanza con cui il Tribunale di Avellino ha disposto il reintegro dei suoi tre assistiti?
«Premesso che i provvedimenti dell’autorità giudiziaria non vanno commentati ma rispettati per non cadere nel frivolo vaniloquio, potrei fornire valutazioni esclusivamente tecniche. Altre implicazioni, evidentemente, non fanno parte del mio ruolo».
E quali sono le sue valutazioni?
«Il Tribunale di Avellino ha ritenuto che il provvedimento di sospensione assunto dall’Ente è da ritenersi illegittimo perché adottato al di fuori dell’alveo normativo di riferimento e che i miei assistiti, conseguentemente, hanno diritto al ristoro del danno patito a prescindere dall’esito del procedimento penale».
E chi sarà chiamato a risarcire i suoi assistiti?
«Spetta all’Ente stesso o alla Corte dei Conti stabilire se chi ha adottato questo provvedimento ha arrecato o meno un danno erariale al Comune».
Il procedimento penale, invece, a che punto è?
«La Procura ha chiesto una proroga del termine per espletare le indagini preliminari perché, evidentemente, gli elementi raccolti finora non sono sufficienti a comporre un quadro chiaro. Si consideri che allo stato non vi è ancora neanche un preciso capo di imputazione e che ferme restando le eventuali responsabilità che potranno essere ascritte ai miei assistiti, non si conoscono ancora quanti e quali indagati ci sono. La partita, dunque, è ancora tutta aperta».
Potrebbero esserci anche altri indagati oltre i quattro dipendenti coinvolti?
«Il quadro normativo italiano prevede anche i reati omissivi, cioè quelli commessi da chi, pur se assolutamente estraneo all’attività diretta di manomissione e fruizione del denaro, avrebbe dovuto controllare e non lo ha fatto».
SE QUELLI ERANO QUATTRO ALLORA SIGNIFICA CHE TUTTI QUELLI DOVREBBERO LAVORARE E NON UNO SOLAMENTE