Nota del capogruppo consiliare di “Noi Atripalda” per smentire le voci di una discesa in campo per la corsa a Palazzo Caracciolo: «Solo nel Partito democratico i responsabili del fallimento locale, regionale e nazionale del partito restano al loro posto ed immaginano di rilanciarlo»
in riferimento all’articolo, pubblicato qualche settimana fa, dal titolo “I due capigruppo candidati alla Provincia”, preciso che non sono mai stato intenzionato a candidarmi per le elezioni provinciali del 31 ottobre, ancorché sollecitato da qualcuno che, isolatamente, nell’ambito del PD ha sempre mostrato interesse ed attenzione nei confronti miei e del gruppo consiliare che mi onoro di rappresentare.
Non condivido, infatti, il sistema di elezione dei consiglieri provinciali, poiché prescinde dal voto popolare; non condivido, altresì, la mortificazione dell’Ente Provincia, divenuto un organo monocratico; non approvo la linea del PD i cui dirigenti, nonostante la sonora sconfitta elettorale del 4 marzo, continuano a curare ciascuno il proprio orticello, non consapevoli del fatto che tra un po’ non ci saranno “brandelli di terra” disponibili.
Il Partito democratico non ha aperto un dibattito, innanzitutto, sull’idea di Provincia: non una parola sulle tante vertenze occupazionali (ultima, ma solo in ordine di tempo, quella relativa alla Coop); né sulle tante emergenze ambientali (penso, tra le altre, a quella della Valle del Sabato); né sulla sicurezza degli edifici scolastici; né sul coordinamento delle varie iniziative turistiche di valorizzazione e promozione dei territori irpini, che continuano a svolgersi per compartimenti stagni, addirittura con accavallamento degli eventi e senza una strategia complessiva.
La dignità della “base” non va offesa con scelte calate dall’alto, né con un “coinvolgimento ad orologeria”, in prossimità di appuntamenti elettorali e/o con vari tesseramenti in un ristretto arco temporale (“pre-tesseramento, tesseramento e tesseramento confermativo”), fatti solo per fare cassa.
Per non parlare, poi, dei circoli chiusi (come quello di Atripalda), nonostante un nutrito gruppo di tesserati avesse chiesto un congresso cittadino, non per occupare ruoli, ma per consentire al PD di fare politica sul territorio.
In qualsiasi azienda di rispetto, o anche in associazioni culturali e sociali, se si falliscono gli obiettivi, si assiste all’azzeramento dei dirigenti.
Solo nel PD i responsabili del fallimento locale, regionale e nazionale del partito restano al loro posto ed immaginano di rilanciarlo.
Evidentemente alla lezione del 4 marzo si dovrà aggiungere quella del 31 ottobre, e poi chissà quale altra ancora…
Paolo Spagnuolo