Arrestato detenuto per violenza sessuale su psicologa nel carcere di San Vittore

Un episodio inquietante ha scosso il carcere milanese di San Vittore, dove una psicologa è stata vittima di violenza sessuale da parte di un detenuto. Questo incidente, avvenuto nei giorni scorsi, ha sollevato interrogativi su sicurezza e controllo all’interno delle strutture penitenziarie italiane. La vicenda ha portato all’arresto dell’uomo, già noto per simili precedenti, sollecitando una forte reazione da parte delle autorità.

Un attacco premeditato

L’aggressore, Alessandro Merico, un detenuto di 37 anni che operava come “scrivano” all’interno del carcere, ha perpetrato l’atto criminoso minacciando la professionista con una lametta. L’episodio ha avuto luogo il 17 marzo, quando Merico ha chiesto alla psicologa di seguirlo nella stanza “barberia” sotto la falsa giustificazione di dover prelevare delle sedie. Una volta entrati, ha chiuso la porta con un gesto repentino, bloccando la donna all’interno e ponendo in atto la violenza.

Il Gip Alberto Carboni ha già convalidato l’arresto di Merico, riconoscendo la gravità dei fatti e sottolineando il rischio di recidiva. La situazione solleva difficoltà non solo per la vittima, ma anche per il sistema penitenziario che tuttora deve affrontare problematiche inerenti la sicurezza e il trattamento dei detenuti.

Profili del detenuto e precedenti penali

Alessandro Merico non è nuovo al sistema giudiziario italiano. Infatti, ha già una lunga lista di precedenti per fatti analoghi, che testimoniano una recidiva specifica, con condanne che risalgono a meno di cinque anni fa. Questo background fa aumentare le preoccupazioni riguardo alle modalità di gestione dei detenuti considerati a rischio.

La legge italiana prevede misure severe nei confronti di chi commette reati sessuali, ma è chiaro che l’efficacia di queste leggi dipende anche dalla capacità delle istituzioni di prevenire episodi del genere. L’integrità e la sicurezza di tutti coloro che operano in contesti penitenziari devono essere garantite attraverso misure adeguate, che includano non solo la sorveglianza, ma anche percorsi rieducativi e professionali per i detenuti.

Risposta delle autorità e del sistema penitenziario

L’episodio ha attirato l’attenzione delle autorità penitenziarie e del Ministero della Giustizia, i quali stanno valutando ulteriori misure di sicurezza. Il caso non è solo un tragico incidente isolato, ma rappresenta un campanello d’allarme per l’intero sistema carcerario italiano, dove la violenza e l’insicurezza possono minare la fiducia in una riabilitazione realistica per i detenuti.

Le autorità hanno già avviato un’indagine interna per comprendere come sia stato possibile che un detenuto con precedenti così gravi potesse trovarsi in una situazione in cui poter mettere in atto tale violenza. È essenziale che il sistema di controllo e monitoraggio all’interno delle carceri venga rivisto, al fine di evitare che simili situazioni si ripetano in futuro.

Questo episodio mette in luce non solo le difficoltà vissute dai professionisti che lavorano all’interno delle carceri, ma anche la necessità di un ripensamento profondo sulla sicurezza e il trattamento dei detenuti, affinché vengano garantiti diritti e protezione a tutte le persone coinvolte.

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sabarina lupari