Bimbo nato troppo prematuro non ce l’ha fatta


Nell’équipe medica che seguiva il piccolo di appena 360 grammi venuto alla luce alcuni giorni fa alla “Malzoni” anche il pediatra atripaldese Sabino Moschella

Il dott. Sabino Moschella non aveva nascosto ai microfoni di Irpinia TV le sue preoccupazioni

Era venuto alla luce il 28 novembre scorso, a seguito di un cesareo di urgenza dopo sole 27 settimane. Complicanze che hanno indotto i medici ad effettuare la pratica di emergenza comportante la prematurità grave del piccolo.

Nonostante ciò, gli specialisti della Malzoni, tra cui il pediatra atripaldese, Sabino Moschella, stavano seguendo in maniera attenta il caso. Il peso del bimbo infatti, indicava un età di 24 settimane rispetto all’effettiva epoca gestionale (27 settimane) della genitrice al momento del parto.

Questo ha complicato molto le cose perché, seppur monitorato nel reparto di terapia intensiva neonatale, è stato molto difficile prevedere l’evoluzione di un corpo che non ha avuto il tempo necessario per maturare, crescere e sviluppare bene tutti gli organi e le funzionalità vitali.

Lo staff medico ha cercato di essere fiducioso, il dottor Moschella ha adottato un comportamento “con i piedi per terra”, in linea con il principio di precauzione e con le probabilità medico-scientifiche documentate, secondo le quali non si poteva escludere il peggio o complicazioni (cerebrali, cardiache, respiratorie…).

Per lo specialista atripaldese, al fine definitivo di scongiurare gravi danni, bisognava aspettare che il peso del neonato triplicasse almeno raggiungendo il chilogrammo. Cosa che sarebbe potuta avvenire, solo col tempo, all’incirca due mesi, ma il piccolo da poche ore è spirato.

A dare la notizia la mamma, Anna D’Urso che ha scritto sulla sua bacheca facebook: «Un nuovo angelo si unisce al coro degli angeli… Cantate con me la Gloria di Dio! “Di Padova Carmine Rosario” Lo annunciano i genitori, i nonni, gli zii e le zie e i parenti tutti».

La tragica vicenda ha avuto un triste finale. La storia è stata ancora più intricata, se si pensa che la stessa Anna D’Urso, abbia scelto di interrompere l’assunzione di chemioterapici (a causa di una malattia genetica che comporta la crescita di neoplasie) per favorire questa gravidanza rivelatasi fatale per suo figlio, che porta il nome dello zio (il fratello della madre, morto per un melanoma). La stessa puerpera, grazie alla Fede e al supporto della famiglia, ha lottato proprio come il suo bambino, pregando e riponendo al contempo fiducia nella scienza. Ha raccontato la sua storia su facebook, ringraziando quanti pubblicamente (conoscenti e non) hanno pregato perché il figlio ce la facesse e quanti vorranno prendere parte all’ultimo saluto.



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