Disperato grido d’allarme di Luca Criscuoli dopo gli ultimi disastri ambientali
Ritorniamo a parlare di inquinamento, del disastro ambientale in atto da decenni e che incombe sulle nostre vite e su quelle dei nostri cari.
La recente scomparsa di Giovanni Maraia spinge ad una serie di riflessioni. La morte di un lottatore, di un comunista che lascia un segno e un vuoto. Non è questa l’occasione per un necrologio o un epitaffio, esercizio che lasciamo ad altri. Pur tuttavia non possiamo non soffermarci sull’aspetto simbolico che la morte di Maraia porta con se: egli muore, sconfitto dalla malattia che in anni di lotta ha tentato di scongiurare per se, ma soprattutto per gli altri. Lo ricordiamo ai tempi delle proteste e delle assemblee contro il CDR di Pianodardine, perché la difesa dell’ambiente non è una vertenza territorialistica dove si bada al bene di una ristretta comunità, ma è una questione “larga” che coinvolge migliaia di cittadini su tutto il territorio provinciale. Maraia ha ottenuto la sua vittoria contro Difesa Grande, l’ha ottenuta con la chiusura del mega impianto arianese. A quei tempi lo abbiamo visto in testa ai cortei, alle manifestazioni di protesta, senza mai tirarsi indietro nel confronto con le istituzioni del tempo che, come oggi, non recepivano gli allarmi lanciati dai comitati per la difesa della salute pubblica.
Dicevamo del CDR, oggi rinominato con altra sigla e destinato allo stoccaggio (ormai antico) delle ecoballe. Potremmo dire che sostanzialmente nulla è cambiato oltre i nomi e i giochi della politica che negli anni hanno lasciato che le condizioni generali dell’ambiente in provincia e nella Valle del Sabato peggiorassero, degenerassero sotto i colpi di disastri più o meno annunciati.
Diverse volte ci siamo espressi sulla questione e tutte le volte le reazioni delle istituzioni sono rimaste sostanzialmente immutate: indifferenza, omissione, dubbia condotta. Sì, dubbia, come altrimenti si potrebbe considerare il lavoro e l’esistenza stessa di un ente come l’ARPAC? Di cosa parliamo quando politici di grido si appellano all’ente fantasma che tutto svolge tranne il suo compito primario: controllo, misurazioni, dati reali. Come dubbio è il comportamento delle ASL, la cui latitanza sulla vertenza ambiente è clamorosa, con i suoi dirigenti specifici non pervenuti, e gli altri (dirigenti) occupati in giochi di potere con la politica, tra nomine e turn-over. A memoria non esiste e non si ricorda un solo intervento risolutivo da parte loro se non qualche velina passata ai giornali locali all’indomani di qualche tragico evento, giusto per prassi o poco più. All’ASL è legata anche la questione del REGISTRO DEI TUMORI che in provincia tarda a prendere forma, nonostante la cronaca e le conseguenze dell’inquinamento traccino un quadro allarmante e pericoloso, riconosciuto anche a livello nazionale, grazie alle inchieste di importanti giornali.
In effetti i dati numerici e percentuali servirebbero solo ad “ufficializzare” ciò che vediamo coi nostri occhi, ciò che riusciamo a misurare contando i lutti che colpiscono tutte le comunità del territorio.
Siamo partiti dalla scomparsa di Giovanni Maraia proprio per evidenziare il fatto che oltre Rifondazione Comunista, la politica ed i partiti si sono nascosti, non hanno mai recepito la portata del disastro ambientale in atto nella Valle del Sabato e in tutta la provincia. Cittadini lasciati morire, avvelenati dall’aria, dall’acqua, dalla terra.
Isochimica, IRM, Novolegno, il recente incendio del sito di stoccaggio ad Atripalda, sono fatti di cronaca dimenticati troppo in fretta, coperti dal silenzio dopo le prime impulsive reazioni di indignazione. Le dichiarazioni di rito hanno subito tracciato la linea che le istituzioni avrebbero poi seguito alla lettera: minimizzazione dell’accaduto, caccia al piromane, eventuali carotaggi e ordinanze comunali che vietano il consumo di ortaggi e frutta. Insomma provvedimenti di corto respiro che poco o nulla possono contro i veleni che per anni le genti del posto dovranno respirare, bere, mangiare. I Sindaci sono inermi, per volontà politica e per incapacità di svolgere il proprio ruolo che ha come compito primario la salvaguardia dei propri concittadini in termini di qualità della vita.
Fatichiamo a comprendere quali siano i parametri degli addetti ai lavori, degli assessori delegati e preposti, e quali siano le direttive che ogni singolo comune adotta di fronte ad eventi “straordinari”. Continuiamo ad assistere alla cementificazione del territorio, perché nei comuni quello che conta è costruire.
I medici di base tacciono, nei loro archivi c’è tutta la verità, loro sanno perfettamente la portata del problema, loro conoscono i numeri, i nomi e i cognomi dei malati e delle vittime di malattie legate all’inquinamento. Più volte i medici sono stati stimolati a rendere pubblici tali dati ma il diniego è il sintomo di un’intenzionale strategia di omissione che parte dai vertici politici ed istituzionali. Del resto chi li voterebbe più, chi si fiderebbe più di loro se venisse fuori tutta la verità? E la verità è una sola: ci stanno uccidendo, uccidono il nostro futuro, quello dei giovani e dei vecchi (perché anche se si è vecchi non è giusto morire di cancro). È molto probabile che ogni famiglia della Valle del Sabato dovrà fare i conti con la morte causata da malattie legate all’inquinamento. Non si discute il se, ma il quando.
Fortunatamente, nel generale silenzio, si leva la voce dei cittadini dei comitati che ancora una volta sono costretti a scendere in campo. E’ quanto mai necessario che tutti i soggetti coinvolti facciano rete e decidano una volta per tutte cosa vogliono fare da grandi, prima che diventare grandi diventi un’utopia. Questa è una battaglia per la vita a cui non possiamo più sottrarci.
Luca Criscuoli (cittadino)