Sembra evidente che ciò che è accaduto venerdì scorso, alla “De Amicis”, sia un fatto molto grave. Che non può essere “risolto” con un sorriso di circostanza o un atteggiamento pilatesco. La dirigente Amalia Carbone, in qualità di pubblico ufficiale, ha chiesto ad altri due pubblici ufficiali (i Vigili urbani), davanti ad una ventina di persone, che due genitori (uno è chi scrive), non facenti parte del Consiglio d’Istituto, dovevano essere allontanati dall’aula, in cui era appena cominciata la seduta d’insediamento della nuova componente genitori, nonostante avessero tutto il diritto di restare.
La Legge “parla” chiaro e non ammette ignoranza: “Alle sedute del Consiglio di istituto possono assistere gli elettori delle componenti rappresentate nel consiglio”. Un principio sacrosanto ed inviolabile se non in particolari casi. Ciononostante, alla luce delle richiamate evidenze, ancora a distanza di diversi giorni, la dirigente non ha avuto alcun ripensamento, né contattando direttamente i due genitori, né pubblicando sul sito della scuola una lettera di chiarimenti o di scuse. Nulla. Come se non fosse successo nulla. Come se calpestare i diritti delle persone non significhi più nulla, tra l’altro in quelle stesse aule dove viene insegnato esattamente l’opposto. Qualcosa non va.
Molti si stanno chiedendo da tempo come si possa risolvere questa situazione e come sia stato possibile arrivare a tanto. Da mesi, ormai, il Comprensivo di Atripalda guadagna l’attenzione della stampa provinciale per vicende legate solo a scontri e polemiche, quando non alle paure per la sicurezza dei plessi più datati. Prima l’attacco frontale alla nostra comunità nella chiesa di Sant’Ippolisto, poi le dimissioni in blocco della componente genitori del Consiglio d’Istituto da poco eletto ed, infine, la chiamata al 112 per far andar via due genitori che volevano solo assistere ad una seduta del Consiglio d’Istituto: cos’altro deve ancora accadere?