
Crollo del ponte Morandi: imputati esprimono cordoglio ma si dichiarano non responsabili - Ilsabato.com
Il tragico crollo del ponte Morandi, avvenuto il 14 agosto 2018, ha lasciato un segno indelebile nella memoria collettiva italiana, con un bilancio di 43 vittime e innumerevoli famiglie distrutte. Nel corso del processo che si sta svolgendo per accertare responsabilità e colpe, tre dei principali imputati hanno iniziato a rilasciare dichiarazioni spontanee, esprimendo il loro rammarico per quanto successo, ma sostenendo di non avere responsabilità diretta nella vicenda.
Le dichiarazioni di Matteo De Santis
Matteo De Santis, responsabile dell’ufficio progettazione sorveglianza e monitoraggio di Autostrade per l’Italia , è stato il primo a prendere la parola. Nel suo intervento, De Santis ha ribadito l’importanza del lavoro svolto dal suo ufficio, sottolineando che i rapporti prodotti erano basati su dati forniti dai tecnici di Spea, la società incaricata della manutenzione delle infrastrutture. Ha specificato che la sua unità riceveva solo una piccola parte degli incarichi progettuali, i quali erano per lo più di natura conservativa e non strutturale. La gran parte della progettazione, quindi, era di competenza di Spea, a cui rimandava la maggioranza del lavoro.
Questa posizione potrebbe riflettere un quadro complesso di responsabilità nello svolgimento delle attività di manutenzione e sorveglianza del ponte. De Santis ha messo in rilievo che la sua unità operava all’interno di linee di comando stabilite, e che il sistema decisionale era impostato in modo tale da limitare la sua autonomia nel prendere decisioni di primo piano in merito all’integrità strutturale dell’infrastruttura.
Il punto di vista di Paolo Agnese
Il secondo ad intervenire è stato Paolo Agnese, il quale ha evidenziato il proprio ruolo limitato alla manutenzione ordinaria, dichiarando che le grandi opere venivano gestite dagli uffici centrali di Roma di Aspi. Agnese ha manifestato profonda empatia nei confronti delle vittime e delle loro famiglie, esprimendo un cordoglio sincero. La sua testimonianza va ad arricchire il quadro di chi si sente in parte vittima di una situazione complessa, sottolineando come sia stato colpito personalmente dall’accaduto, avendo vissuto in prossimità del ponte.
Le sue parole suggeriscono quanto sia difficile per i coinvolti nel processo distaccarsi emotivamente da un evento così devastante, e l’indagine sembra aver sollevato nell’imputato una riflessione profonda sui legami che ciascuno di noi ha con il proprio territorio e le sue infrastrutture.
Le parole dell’ingegnere Luca Frazzica
Luca Frazzica, ingegnere e ultimo testimone a parole, ha espresso la sua tristezza per le vittime e per il dolore provocato dal disastro, condividendo la sua esperienza di trasferimento alla direzione generale di Aspi nel 2017. Secondo lui, questo spostamento ha comportato la perdita di responsabilità, un aspetto che ha definito “indigesto e inaccettabile.” Nonostante ciò, ha voluto precisare di non aver mai evitato le proprie responsabilità, anche se si è sentito messo in un angolo, privato di alcuni compiti cruciali.
Frazzica ha menzionato la sua funzione di analisi critica riguardo l’operato di Spea e la sua attenzione nel segnalare problematiche evidenti nelle schede trimestrali di monitoraggio. La sua testimonianza invita a considerare il sistema organizzativo di Aspi e i legami complessi tra i diversi livelli di responsabilità presente nella gestione della sicurezza delle infrastrutture.
Il processo continua a svelare piani e operazioni che potrebbero rimanere incomprensibili al pubblico, ma che sono fondamentali per comprendere la catastrofa del ponte Morandi e prevenire futuri incidenti simili.