“Una pratica sportiva che ha bisogno di adeguate politiche pubbliche con il coordinamento tra i diversi protagonisti del fenomeno: il CONI, la cui centralità nella pratica sportiva ufficiale è fuori discussione, l’associazionismo, i Ministeri interessati (Istruzione, Salute, Ambiente, Giustizia…). Per questo –continua Cucciniello- serve un piano organico di riordino, con una legislazione organica in una materia così rilevante dal punto di vista sociale ed economico. Serve un piano integrato per l’educazione fisica e la pratica sportiva dalla scuola dell’infanzia e per tutto il percorso formativo. Serve una nuova leva di laureati in scienze motorie nella scuola pubblica, da coinvolgere anche per le ore curriculari, per fondare il processo cognitivo del bambino sulla corporeità e il movimento, educare a stili di vita attivi, avviare la pratica sportiva senza esclusioni basate sulla prestazione. La scuola deve diventare una agenzia di formazione fisica e sportiva, aperta con i suoi impianti al territorio”.“Occorre prevedere nel piano nazionale della prevenzione un pacchetto di interventi promossi dal SSN, avvalendosi della collaborazione dei Comuni e delle reti di associazioni attive sul territorio, per contrastare la sedentarietà in tutte le fasce di età. Spingere l’organizzazione sportiva a promuovere attività dolci e all’aria aperta per bambini e famiglie in orario extrascolastico, per gli adulti in orario extra lavoro, con programmi di attività fisica e sportiva adattati alle caratteristiche e alle condizioni dei singoli, ed in particolare per le persone anziane. Questi programmi, articolati sul territorio, necessitano di interventi radicali negli spazi urbani. Città sane,pedonabili, ciclabili, con il verde pubblico accessibile. La priorità negli investimenti pubblici deve andare ad una nuova generazione di impianti di prossimità, facilmente accessibili e flessibili nell’uso”.
“Sia per queste tipologie che per la manutenzione dell’impiantistica a prevalente vocazione agonistica esistente, spesso bisognosa di consistenti ristrutturazioni, rileviamo che anche nello sport c’è una “emergenza Sud” su cui vanno concentrate le maggiori risorse, utili anche per un rilancio più generale dell’economia del Mezzogiorno. Per quanto riguarda gli aspetti normativi, la certificazione di idoneità generica rilasciata dai medici di base per le attività non agonistiche si riduce sostanzialmente ad un atto burocratico che per alcune fasce di età e in alcune Regioni ha costi non irrilevanti; noi crediamo che esso debba essere gratuito ovunque e per tutte le fasce d’età; è inoltre indispensabile assicurare ai cittadini una corretta informazione sanitaria, personalizzata su benefici e controindicazioni. Ciò risolverebbe anche il problema della depenalizzazione del reato di omesso controllo che grava in capo ai Presidenti delle società sportive dilettantistiche”.
“Le 100.000 associazioni sportive di base rispondono, in massima parte, grazie all’impegno volontario degli associati, alla domanda di sport del Paese. Oltre ad organizzare attività per tutte le età, esse costituiscono un punto di aggregazione, di socialità, di scambio generazionale e sociale, di accoglienza, di inclusione, diffuso fino ai più piccoli centri abitati. Vengono sempre più richieste capacità gestionali e manageriali, per cui diventa indispensabile un piano di formazione permanente di cui devono farsi carico le organizzazioni sportive e gli stessi enti locali, facendo in modo che i costi di queste attività formative non ricadano esclusivamente sulle società sportive. Il valore sociale di questo enorme spiegamento di energie non viene adeguatamente valorizzato: l’organizzazione del sistema sportivo, delegata al CONI, premia il risultato sportivo delle Federazioni e finanzia con i residui assegnati agli Enti di Promozione sia la parte promozionale che quella sociale. Lo Stato ogni anno versa al CONI circa 420 milioni di euro, di cui solo 16 vanno agli Enti di Promozione che impegnano oltre 6 milioni di cittadini. Niente è finalizzato al sostegno diretto delle associazioni di base”.
“Serve una decisa svolta: lo Stato, attraverso il Ministero dello sport, deve dotarsi di politiche pubbliche orientate alla diffusione della pratica sportiva e alla valorizzazione della sua funzione sociale, della sua utilità pubblica. Allo stato il compito di disegnare indirizzi ed obiettivi; ai diversi attori del sistema sportivo la facoltà e gli strumenti per partecipare alla progettazione e alla realizzazione di campagne e progetti di sviluppo e qualità della pratica sportiva, Va superato il finanziamento indifferenziato al Comitato olimpico e rivista la delega incondizionata assegnatagli da una Legge che risale al 1942. Parte delle risorse pubbliche giù destinate al CONI andranno impiegate attraverso i Fondi già previsti dalla legge di bilancio in capo al Ministero dello Sport, per assicurare il finanziamento di impianti, progetti, attività di sviluppo della pratica sportiva e dovranno essere destinati in via prioritaria alle associazioni sportive dilettantistiche e alle loro reti”.
“Anche lo sport di vertice, a gestione “profit”, deve essere chiamato ad un ruolo di solidarietà. Una quota dei diritti televisivi dello sport spettacolo dovrà essere destinata al sostegno dei livelli tecnici minori, delle discipline interamente “no profit”, oltreché al finanziamento di attività sportive ad alto impatto sociale, entrando nei fondi a disposizione del Ministero”.
“Il lavoro sportivo va riconosciuto ovunque si svolga, rivedendo la distinzione tra dilettantismo e professionismo ed assicurando a chi presta attività retribuite un contratto di lavoro, parità di tutele e diritti”.
“Lo sport di alto livello produce emozioni, eventi e spettacolo; è un luogo spesso creativo e innovativo; è un settore vivace ed importante dell’economia del Paese. Va accompagnato premiando e valorizzando le eccellenze nelle singole discipline aiutandole a diffondersi come modello. Allo stesso tempo occorre intervenire per colpire le degenerazioni della corruzione e del doping, la gestione spregiudicata dei rapporti con le tifoserie, i modelli di management di Leghe e Federazioni spesso inadeguati”.
“Lo sport è un grande fatto sociale. Attraverso una corretta pratica sportiva si producono salute, benessere, crescita cognitiva, inclusione sociale, relazionalità, rispetto delle regole e legalità, buon uso delle regole ambientali. E’ insostenibile che l’Italia sia ai primissimi posti in Europa per la popolazione completamente sedentaria (il 40% circa). E’ insostenibile che il peso dell’esercizio della pratica sportiva sia interamente sulle spalle delle famiglie e delle 100.000 associazioni sportive di base che suppliscono alla assenza di politiche pubbliche, a partire dalla scuola. Insostenibile che lo sport arricchito dai diritti televisivi non dia niente allo sport di base, ma riceva ulteriori risorse pubbliche”.
“LIBERI E UGUALI propone una svolta. Al CONI e alle Federazioni la cura dei grandi eventi e dei risultati sportivi; allo Stato, alla Scuola, alle Istituzioni e comunità locali, alle associazioni sportive di base gli strumenti e le risorse per assicurare la più ampia diffusione della pratica sportiva, libera e adattata alle esigenze e alle capacità di ogni singola persona, nessuna esclusa. L’obiettivi di civiltà per il Paese: in dieci anni mettere in movimento dieci milioni di sedentari e rientrare nella media europea, stare più in salute, più attivi, più felici”.