Il parroco della chiesa di Santa Maria del Carmine: «Sto assaporando con la mia gente quanto sia duro non vedersi più»
Nel rivolgermi, ancora una volta, alla comunità atripaldese, mi vengono alla mente le parole del Salmo 126 della Sacra Scrittura: Chi semina nelle lacrime, mieterà nella gioia…
Quello, infatti, che stiamo vivendo, non è certamente un momento facile della nostra vita; siamo preoccupati, perché questo tempo non solo fa paura per la morte causata dal Covid 19 e per i suoi numerosi contagi, ma anche per le incertezze, i cambiamenti, lo stravolgimento della vita che esso ha comportato. È un’esperienza chi ci sta toccando tutti, a vario modo.
Ognuno è stato privato di alcune cose importanti, anche di affetti e vicinanze, abbiamo dovuto fare rinunce, abbiamo rimodulato i ritmi della nostra giornata. Cerchiamo di vivere l’invito a “restare a casa” (e Atripalda sta rispondendo bene) inventandoci cose nuove, riscoprendo la casa come un luogo sacro dove impariamo l’arte del volersi bene, della pazienza e dell’accogliersi gli uni gli altri.
Io stesso, come sacerdote, sperimento la desolazione causata da questa pandemia: accompagno ormai da giorni i morti alla sepoltura a cui non è possibile dare il calore e il conforto dei loro cari, né un bacio, una carezza se non quella di una benedizione… sto assaporando con la mia gente quanto sia duro non vedersi, non incontrasi più, non potersi abbracciare. Celebro in privato la S. Messa… i sacramenti è da un bel po’ che non si celebrano… il silenzio avvolge i nostri luoghi sacri.
Stiamo seminando tra lacrime di commozione e lacrime di speranza il nostro stesso futuro, come ci ricorda il Salmo, stiamo seminando nel terreno arido e deserto di questo tempo semi che daranno frutti e ci ridoneranno la gioia e la voglia di vivere ancora e ci ricorderanno le opere che Dio ha compito in noi. Sì, perché, in questo tempo di noia e di tristezza, in cui forse ci sentiamo abbandonati, scoraggiati e delusi, paradossalmente c’è il volto bello di una comunità, che senza accorgersene, sta costruendo le basi per i giorni che verranno, perché, quando saremo usciti dalla tempesta, non saremo più gli stessi, non possiamo più esserlo, ma saremo persone nuove, completamente diverse e la carità e la solidarietà non saranno più un emergenza ma uno stile di vita.
In questi giorni, immagino, ognuno di noi sta pensando a tanto bene che si muove attorno a noi, e ai tanti segni di attenzione e amore che vengono seminati pur nella tragicità del momento. Il mio pensiero va soprattutto ai medici, agli infermieri, agli operatori sanitari, che notte e giorno, si stanno spendendo per salvare vite umane o per accompagnare fratelli e sorelle negli ultimi passi… va alle forze dell’ordine, ai giovani militari e a quanti presidiano il territorio, a quanti lavorano per la salvaguardia e l’incolumità dei cittadini.
Penso soprattutto ai ragazzi e ai giovani della nostra Città, ai quali è stato chiesto il sacrificio necessario a non uscire per futili motivi, a rinunciare anch’essi alle cose e alle abitudini che avevano. Ho visto che molti si sono organizzati con video chiamate su whatsapp… è bello vedere queste immagini di giovani che a distanza parlano tra loro e condividono le loro cose. La paura e la tristezza è lenita da coloro che sanno dare ascolto, che continuano a sorriderci, che continuano a volersi bene. Ci sono tanti segni di una comunità che reagisce, e anche sentendosi unita nella preghiera, impara a ritrovare fiducia e ad affrontare i giorni che passano.
Sono convinto che ce la faremo, non solo perché il Signore ci accompagnerà e ascolterà il grido dei suoi figli, ma ce la faremo grazie all’impegno, allo sforzo di tutti nel continuare a seminare, quotidianamente, nel silenzio della nostra vita, delle nostre case, delle nostre chiese, semi che daranno frutti di nuova vita, di un nuovo inizio.
Con affetto,
Don Ranieri Picone