Europa in tensione: il summit ue tra riarmo e scetticismo - Ilsabato.com
Il prossimo summit dell’Unione Europea, che si terrà giovedì, si preannuncia ricco di incognite e tensioni. Mentre il panorama internazionale si evolve rapidamente, la strategia di difesa dei paesi europei appare confusa e caratterizzata da un crescente scetticismo, specialmente da parte dell’Italia. La situazione è complessa, con diversi paesi che mostrano posizioni contrastanti riguardo a finanziamenti e armamenti, mentre la figura ingombrante di Donald Trump continua a influenzare gli equilibri politici.
Il summit dell’Unione Europea di giovedì non inizia sotto i migliori auspici. Con il contesto geopolitico che cambia a velocità sorprendente, le iniziative politiche e le ipotesi di finanziamento cadono in un quadro di disorganizzazione. La preoccupazione crescente riguarda l’efficacia delle decisioni da prendere. In questo frangente, l’Italia si mostra particolarmente avversa, seppur consapevole delle necessità di difesa collettiva.
Gli occhi degli osservatori si concentrano su Giorgia Meloni, che ha recentemente suscitato polemiche con le sue affermazioni riguardanti il Manifesto di Ventotene. La premier italiana è ora a Bruxelles, dove troverà probabilmente una maggior apertura rispetto all’opposizione interna. Tuttavia, il pacchetto sulla Difesa previsto nel Consiglio Europeo avrà bisogno di un consenso che potrebbe rivelarsi difficile da raggiungere.
Anche se i 27 paesi stanno cercando di concordare su un piano comune, persistono nel dibattito questioni di fondamentale importanza, come la tipologia di armamenti da acquisire e le fonti di finanziamento da utilizzare. La risposta dell’Italia rispetto alla clausola di salvaguardia nazionale è stata chiara: “al momento non ci sono intenzioni di attivarla,” in linea con la cautela mostrata anche da altre nazioni. La questione dei prestiti attraverso lo strumento Safe, che doveva fornire supporto economico, pare così trovarsi in una situazione ancor più complicata.
In questo contesto, l’Italia si presenta con una posizione prudente sul piano di riarmo. Lo scetticismo del paese riguardo al progetto di Kaja Kallas per fornire aiuti a Kiev è evidenziato dalla continua riduzione dell’importo del piano, che ora si attesta su una proposta di 5 miliardi. Le fonti europee indicano che il piano non ha visto un’adeguata coordinazione e il consenso atteso è stato ostacolato, principalmente dalla posizione di diversi stati membri, tra cui anche l’Ungheria, che ha già annunciato un veto.
Il tema degli eurobond per finanziare l’acquisto di armi è stato un punto chiave del dibattito, con i paesi del gruppo “frugale” che hanno bloccato ogni tentativo di accordo in questa direzione. Inoltre, mentre la Germania ha modificato la sua posizione sul debito, l’identico approccio restrittivo si riflette nella volontà di non alimentare ulteriormente il debito comune, alla luce delle attese spese per il Recovery Fund.
La cautela italiana risalta di fronte a una necessità di coordinamento che rischia di implodere se non si troverà un terreno comune capace di bilanciare le divergenze. I vertici ue si trovano così a dover affrontare non solo la tutela degli interessi nazionali, ma anche una preoccupante instabilità geopolitica.
Il Libro Bianco sulla difesa, presentato dalla Commissione ue, rappresenta un tentativo di dare un ordine e una struttura a una strategia di difesa comune. L’obiettivo principale rimane quello di rafforzare la cooperazione tra gli stati membri, incentivando acquisti congiunti. Un piano che prevede un incremento significativo della produzione interna di materiale bellico, stabilendo un target del 40% di acquisti effettuati in sinergia.
Tuttavia, per accedere ai fondi del progetto Safe, le nazioni devono presentare piani dettagliati e collaborare con almeno un’altra nazione, compresa l’Ucraina. Inoltre, per tutelare il “made in Europe”, specifiche clausole sono state incorporate; ad esempio, per prodotti non complessi, almeno il 65% dei componenti dovranno provenire dall’Europa, una mossa che è stata accolta con interesse nelle capitali europee.
Al momento, gli Stati Uniti e il Regno Unito non sono inclusi in questo meccanismo di finanziamento, suscitando la preoccupazione di alcuni leader, tra cui Meloni e i suoi omologhi olandesi e polacchi. La tendenza a garantire che le spese di difesa non siano dominate da fornitori esterni rimane centrale nel dibattito.