“L’idea di istruzione è stata così legata alle scuole, alle università, ai professori, che molti presumono non ci sia altro modo per istruirsi, ma l’istruzione è disponibile a chiunque abbia a portata di mano una biblioteca, un ufficio postale, o anche un’edicola.“ (l.l.a.)
Nel suo glorioso passato si era eretta come un monumento nel centro del passeggio cittadino; la domenica mattina il giorno in cui la piazza declinava il suo massimo splendore, l’edicola diveniva la protagonista indiscussa della giornata festiva. Per l’occasione al suo esterno venivano piazzati banchi ricolmi di riviste culturali , di arte e spettacolo e tanti libri di svariati generi, sopratutto gialli e storie d’amore, immancabili gli espositori in bella mostra di tutti i quotidiani nazionali. L ‘ingresso era affollato da un andirivieni di persone vestite con l’abito migliore, che entravano e uscivano con il giornale sotto il braccio e in mano riviste, giornalini, fumetti e figurine da collezione per i più piccini. Solo la pasticceria concorreva alla spesa domenicale, donne ingioiellate e uomini con il cappello sottobraccio facevano lo “struscio” domenicale completando la giornata con l’acquisto dell’immancabile “cartoccio” di paste.
L’edicolante era una figura amata dai concittadini, riverito al pari del medico condotto, entrambe le figure si prendevano cura della loro salute: “mens sana in corpore sano”.
Più in là negli anni la storica edicola fu costretta, per i lavori di ristrutturazione del vecchio edificio che ospitava i suoi locali, a spostarsi in un altro punto della piazza, in una piazzetta laterale alla grande piazza. In realtà quell’angolo era ancora più ospitale, la piazzetta era più appartata e circondata da una corona di alberi dalla folta chioma che d’estate quando il sole era cocente proiettavano un’ombra rinfrescante alle panchine disposte lungo il suo perimetro.
Quale luogo migliore ove sedersi in tranquillità per leggere un giornale e scambiare opinioni con i propri paesani? Invece la vendita dei giornali e delle riviste calò paurosamente, i tempi stavano cambiando e sempre più persone preferivano l’accesso ad internet , si affidavano alla rete per captare notizie e l’informazione “mordi e fuggi… e dimentica in fretta” stava prendendo il sopravvento .
C’era chi non solo aveva rinunciato, per la crisi che cancellava lavoro e commerci, all’acquisto giornaliero dei quotidiani, ma anche dei libri e di ogni strumento atto alla conoscenza, relegando il cartaceo ad una nicchia di lettori inossidabili ed affezionati.
L’edicola cambiava così anche il suo aspetto, per sopravvivere a quella che era una propria e vera crisi esistenziale fu costretta ad ampliare la vendita a ogni varietà di gadgets, schede telefoniche e “gratta e vinci”.
Non c’era più l’andirivieni di persone allegre neanche la domenica mattina, l’edicola non era più affollata, ovunque erano sorte sale giochi e scommesse e l’andirivieni, in quei luoghi malsani per la salute, era di persone tristi che spendevano anche quel poco che riuscivano a guadagnare. Perfino i “sale e tabacchi” che una volta vendevano sigarette e affini avevano mutato le loro vendite in favore dei “gratta e vinci” e ospitavano al loro interno angoli appartati con slot machine.
L’edicola ora era relegata sotto l’anonimo porticato di uno dei palazzi più brutti, edificato negli anni Sessanta nel selvaggio schema di edificazione edilizia senza nessun limite e nessun vincolo paesaggistico. Il negozio era lucido e tutto vestito di bianco.
Era una domenica mattina apparentemente come le altre. Lei si recò in edicola, come era sua abitudine per comprare il quotidiano con abbinato l’opuscolo dedicato ai libri, era l’orario di punta, la piazza pulullava di persone, molti erano indaffarati con i cellulari, probabilmente si scambiavano “social” saluti e non si accorgevano di essere a pochi passi gli uni dagli altri, ma l’edicola era ancora vuota
L’edicolante quando la vide si alzò dalla sedia sulla quale era seduto annoiato e le cedette il passo come se fosse entrata una “personalità”.
I loro sguardi incrociarono tristemente la stessa solitudine. Lei prese il suo giornale, pagò la copia e uscì dall’edicola dicendo convinta: “arrivederci”, anche se quel saluto le parve quasi un addio.
Cinzia Spiniello
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“La lettura ci salverà”: “La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.”
(Gabriel García Márquez,Vivere per raccontarla)