Oggi si celebra la liberazione del campo di concentramento di Auschwitz
La senatrice a vita, Liliana Segre, sopravvissuta al campo di sterminio di Auschwitz, ha incontrato migliaia di studenti, a Milano, in vista del giorno della memoria, in programma il 27 gennaio. «Mi dispiace da matti avere 90 anni e avere così pochi anni davanti. La vita mi piace moltissimo, anche se gli odiatori mi augurano la morte ogni giorno». La senatrice ha ripercorso davanti ai ragazzi la sua storia, dall’esclusione dalla scuola in seconda elementare nel 1938 in seguito alle leggi razziali, alla fuga con il padre in Svizzera; e poi il carcere, la deportazione dal binario 21 della Stazione Centrale di Milano, ora Memoriale della Shoah, e la sofferenza nel campo di concentramento.
Vita «è una parola importantissima che non va dimenticata mai, perché non si torna mai indietro. Non bisogna perdere mai un minuto di questa straordinaria emozione che è la nostra vita». Anche nell’inferno dei campi di concentramento, “non scegliemmo di attaccarci ai fili elettrificati per scegliere la morte, che sarebbe arrivata in un secondo. Noi scegliemmo la vita. Nel periodo passato all’interno del campo di concentramento dì Auschwitz “mi ero nutrita di odio e di vendetta”, ha raccontato Liliana Segre agli studenti. “Sognavo la vendetta”, ricordando di quando aveva avuto l’occasione di raccogliere la pistola di uno dei suoi carcerieri.
«La vidi e pensai: ‘ora lo uccido’. Mi sembrava il giusto finale di quello che avevo sofferto – ma poi capii che non ero come quegli assassini, non avrei mai potuto uccidere nessuno. E mentre la tentazione era fortissima la più grande che ho avuto nella mia vita, non raccolsi quella pistola». «E da quel momento – ha concluso – sono diventata quella donna libera e di pace che sono anche adesso”. Cari giovani, pensate con la vostra testa, non con quella di chi grida più forte. Siete persone libere». Parlando dei viaggi della memoria organizzati ogni anno dalle scuole nei campi di concentramento: «Andrebbero fatti con lo spirito giusto, per cercare di partecipare un po’, per qualche ora, a quello che è stato. Si dovrebbe avere un po’ fame e un po’ freddo. Se deve essere una gita è meglio stare a casa».
Concetta Tomasetti