«Sarebbe bello educare i giovani alla bellezza»
Non è la prima volta che intervisto il maestro Carmine Tranchese, eppure non riesco mai a guardarlo come dovrebbe fare un giornalista, cioè in maniera oggettiva, quasi distaccata. Arriva sempre quel punto, infatti, che spesso coincide con l’istante in cui i suoi occhi iniziano a sognare, ed io smetto di pensare all’impostazione da dare all’articolo ed incomincio a fantasticare su come sarebbe bellissima la nostra città se si trovasse un modo equilibrato per valorizzare i propri patrimoni, non soltanto materiali ma soprattutto umani.
Ecco, penso che Tranchese sia un patrimonio umano da valorizzare. Scusate la digressione, so che un giornale si legge per conoscere le notizie, e qui la notizia è che il Maestro ha lanciato un appello ai giovani: «Vorrei che ci incontrassimo al più presto per vedere cosa si può fare di concreto per non disperdere il patrimonio sia culturale che umano derivante dall’esperienza in piazzetta». Ma guardare al passato non è mai troppo positivo, e questo lo sa anche Tranchese: «Lo so bene che bisogna andare oltre, ad esempio partire con i lavori di riqualificazione in piazza Garibaldi, anche domani se fosse possibile».
Me lo confida mentre stiamo seduti proprio su una panchina sulla piazza in questione, contaminata non dalla bellezza, ma da erbacce sparse e panchine, per essere gentili, malridotte: «Con materiali di riciclo e con la buona volontà di tutti coloro i quali vorranno partecipare, si potrà donare nuova linfa vitale a questo spazio- continua l’artista- e restituire alla città, dunque, un altro piccolo tassello del suo fascino».
Nonostante la salute ancora precaria per via di un grave problema che, purtroppo, lo ha investito negli scorsi mesi, Tranchese conferma di avere una mente piuttosto lucida: «Vorrei avere l’opportunità di allestire un calendario per il cinema all’aperto, un tipo di evento che manca da troppo tempo». Decidiamo, intanto, di alzarci e fare una passeggiata sul fiume, e il suo sguardo si posa sulle fioriere installate sul ponte delle Carrozze: «I fiori sono belli, ma dopo quindici giorni diventano inguardabili. Sarebbe fantastico “piantare” al posto loro dei fiori costruiti in legno, oppure degli animali acquatici, sempre in legno. Li potrei costruire anche domani, con l’aiuto di alcuni ragazzi specializzati in questo settore».
Ammirando, per modo di dire, il fiume, mi suggerisce un’ultima idea: «Ti immagini la meraviglia di ammirare dei pittori dipingere sulla sponda cementificata del Sabato, mentre i cittadini passeggiano tra le strade di Atripalda?».Sorride e se ne va, ed io, ancora con la testa che fantastica mano nella mano con queste idee, spero che prima o poi si possa riscoprire quanto sia importante proteggere e custodire le potenzialità di diversi cittadini, che senza grossi problemi potrebbero mutare la città in un “laboratorio a cielo aperto”.
Peccato, però, che la quotidianità ha tutt’altro sapore, diciamo molto più amaro, ma si sa che la speranza è l’ultima a morire, anche se a volte non ci credo mica tanto, e persone come Tranchese sicuramente hanno la “pelle dura”.