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«In un anno non potevamo fare di più»

Il sindaco Giuseppe Spagnuolo traccia il bilancio dopo dodici mesi alla guida della città. Pace sociale, aggregazione ed integrazione: sono questi i risultati di cui il primo cittadino va più fiero

(foto Antonio Cucciniello)

«Se dopo un anno di governo fossimo davvero riusciti a svelenire il clima che si respirava in città e a gettare le basi per la rinascita del senso di aggregazione, di coesione e di integrazione saremmo già ampiamente soddisfatti», il sindaco Giuseppe Spagnuolo comincia da questo aspetto a tracciare il suo bilancio dopo dodici mesi al timone della città. Una chiacchierata che avviene qualche giorno prima del “caso-Urciuoli” e di cui, naturalmente, non si è tenuto conto. Dunque, preliminarmente, è il respiro dato alla tenuta sociale, nel recente passato continuamente minacciata da attacchi scomposti, a rendere fiero il primo cittadino. E naturalmente la raggiunta “pace sociale” ha inciso positivamente anche sulle condizioni in cui l’attuale maggioranza si è trovata a governare, togliendo così agli amministratori ogni forma di alibi.

Quanto è soddisfatto?

«Nelle condizioni date fare di più non era oggettivamente facile per nessuno, posso assicurare che il nostro impegno è costante e senza risparmio. E rivendico con orgoglio alcune cose realizzate. In particolare il Regolamento sulle ludopatie, perché interviene su un aspetto poco disciplinato, ma che può avere gravi conseguenze per la nostra comunità. Ed in questo caso, oltre alla grande determinazione del consigliere delegato Costantino Pesca, si è registrata anche la collaborazione della minoranza consiliare, soprattutto nell’individuare, alla luce di alcune recenti sentenze, il limite dell’azione di regolamentazione a livello comunale».

Dunque l’opposizione è collaborativa?

«Tranne la circostanza citata precedentemente, l’opposizione finora si è limitata semplicemente a commentare sui social alcune vicende preferendo non partecipare attivamente alla vita della città. D’altra parte mi rendo anche conto che avrebbe davvero poco da criticare chi vede i propri provvedimenti non demoliti ma migliorati, come è giusto che sia nella logica della continuità amministrativa».

Ed, in generale, condivide le critiche che le hanno mosso i suoi avversari elettorali?

«Intanto ne approfitto per ribadire che non abbiamo mai detto di sì all’ampliamento dello Stir, ma abbiamo solo accolto favorevolmente un progetto di ammodernamento dell’impianto nell’attesa che venga delocalizzato, una soluzione, quest’ultima, che per quanto ci riguarda resta sempre la migliore. Chi oggi viene ancora ad agitare questa vicenda, come i Cinque stelle, dimostra di seguire distrattamente le questioni della città e, tra l’altro, anche di non sapere che sulla nostra stessa posizione si è ritrovato il “MeetUp – Amici di Beppe Grillo di Avellino”. Mi faccia aggiungere, viceversa, che sono particolarmente contento di come alcuni cittadini abbiano risposto alle nostre sollecitazioni a fare qualcosa per la città. Attraverso sponsorizzazioni o iniziative, infatti, abbiamo visto restaurata una parte del cimitero, il gonfalone, una parte della pavimentazione della piazza, insieme all’adozione di nuovi spazi verdi. L’amministrazione non è in grado di fare tutto e per noi è un vanto l’aver coinvolto qualcuno, a cui va tutto il merito, che abbia fatto qualcosa per la città».

Il rischio però, che nell’era dei social, cioè nell’era in cui le immagini viaggiano molto più velocemente delle parole, si possa passare per una amministrazione tutta selfie e buffet, cioè più votata all’apparire che all’essere, è sempre attuale.

Non vi sentite un po’ sovraesposti?

«Anche questa visione è totalmente distorta perché, al contrario, il nostro scopo è semplicemente quello di favorire occasioni di aggregazione, anche solo di piccole comunità, partecipando a tutti gli eventi ai quali abbiamo l’onore di essere invitati, non con l’obiettivo di metterci davanti agli altri, ma per stare insieme agli altri, sforzandoci di essere presenti anche se non è sempre possibile. E posso assicurare tutti che quando siamo lì, quando viviamo quei momenti insieme ai nostri concittadini, di qualunque occasione si tratti, a tutto pensiamo fuorché a metterci in mostra o a fare passerelle, ma a partecipare in punta di piedi, senza smania di protagonismo, rappresentando la città senza invadere campi altrui, lasciando la ribalta ai veri protagonisti dell’evento. Quando, invece, le iniziative vengono organizzate da noi allora è diverso perché in quei casi ci teniamo a far passare messaggi precisi, per promuovere aggregazione per esempio con Giullarte e con la gara podistica o integrazione con la festa dei popoli e Rifioriamo. Più in generale, nel primo anno abbiamo cercato di recuperare una certa tradizione nel modo di stare insieme, in cui la città si riconoscesse sin da subito, provando a far rivivere lo spirito di comunità, a fare qualcosa insieme anziché a criticare per le cose che non vanno».

Aggregazione, integrazione e accoglienza riguardano anche e per certi aspetti soprattutto il rapporto con i rifugiati ed i richiedenti asilo.

Atripalda presto ospiterà uno Sprar, cosa è e dove sorgerà?

«Stiamo lavorando ad un sistema di protezione per rifugiati e richiedenti asilo, per superare quello attuale affidato esclusivamente ai privati, introducendo meccanismi che assicurino maggiore controllo e quindi più sicurezza, e che possano diradare le comprensibili diffidenze nella cittadinanza. In questo momento non so dove realizzeremo lo Sprar, cioè in quale struttura, perché non abbiamo un edificio comunale che possa servire allo scopo, ragioni per cui sarà necessario preliminarmente individuare i partner coi quali collaborare per la gestione del progetto, insieme ai quali valutare le soluzioni che eventualmente ci verranno prospettate».

La sede dello Sprar potrà essere anche l’ex convento?

«Dal mio punto di vista credo che l’ex convento di via Cammarota, per esempio, non possa adattarsi allo scopo perché avrebbe bisogno di un significativo intervento di ristrutturazione, ma è anche vero che ogni conclusione è prematura perché è una struttura che non abbiamo preso in considerazione visto che non è di proprietà del Comune».

Come è il feeling con la città?

«Abbiamo instaurato un duplice rapporto: c’è quello diretto che si esprime attraverso i colloqui personali e quello pubblico che si manifesta soprattutto attraverso i social network. E devo dire che se in questo secondo caso possono anche leggersi giudizi critici o prese di distanze, nel primo invece, cioè quando c’è la possibilità di dare risposte dirette al proprio interlocutore, si registra sempre sintonia e nascono buone, anzi ottime, relazioni. In altre parole, quando riusciamo a dialogare di persona tutto funziona molto meglio, anche nei casi in cui la risposta non è proprio quella che il cittadino vorrebbe sentirsi dare. Ed è stato così anche in occasione dei due interventi urbanistici autorizzati in deroga al Piano regolatore generale perché anziché perderci in chiacchiere o fermarci di fronte alle prime difficoltà, abbiamo studiato con attenzione i due casi, partendo dal presupposto che se c’è qualcuno che da un lato vuole vuole investire e dall’altro recuperare edifici fatiscenti, assecondando la norma che a questo scopo risponde, va seguito con attenzione e concretezza».

Qual è la richiesta, al netto dei fabbisogni personali, che le viene più spesso avanzata?

«Se dovessi individuare una istanza, percepisco ancora il ritorno del mercato settimanale al centro, che avverrà alla fine dei lavori in corso nel fiume perché si creeeranno condizioni migliori, come il desiderio prevalente. Entro settembre proveremo ad accorparlo nel parco delle acacie e nella traversa, aprendo via San Lorenzo al traffico veicolare e sfruttando il parcheggio di fronte al Centro servizi, lasciando nelle immediate pertinenze dell’edificio le bancarelle con gli abiti usati».

Ha intenzione di procedere ad un rimpasto di deleghe o assessori?

«Credo sia sempre possibile migliorare la ripartizione dei carichi di lavoro, ma non è un tema all’ordine del giorno. Probabilmente dopo l’estate, dopo aver superato la fase delle emergenze di bilancio che abbiamo ereditato dalla precedente amministrazione, fra bozze bocciate, autovelox non autorizzato, diffide prefettizie e conti per aria, e dopo aver approvato in un anno due bilanci preventivi e due consuntivi, cioè il doppio di ciò che ci toccava, probabilmente potrei pensare di affidare a qualcun altro la delega al bilancio e scaricarmi un po’, immaginando di concentrarmi maggiormente sul redigendo Piano urbanistico comunale per avviare una fase di confronto con la città che, per il punto in cui siamo, avrebbe già dovuto essere stata effettuata e che invece ritengo sia stata largamente insufficiente, anche perché nulla è stato già deciso mentre ricerchiamo il maggiore coinvolgimento possibile».

L’autovelox?

«Personalmente non ho mai criticato l’installazione dell’autovelox, ma le relative entrate del tutto inattendibili appostate in bilancio dalla precedente amministrazione prima ancora che il dispositivo avesse ottenuto le necessarie autorizzazioni. L’autovelox fisso è uno ed al momento non immaginiamo di piazzarne un altro sulla corsia opposta, dove, invece, per quattro, cinque/giorni al mese, nelle date e negli orari indicati dalla Prefettura, sarà in funzione l’autovelox mobile. E vorrei precisare che la posizione, dopo che quella precedente non è stata condivisa dalla Prefettura e dalla Polstrada perché poco visibile, era praticamente l’unica possibile nel tratto della Statale che attraversa il territorio comunale perché deve essere lontano dalle corsie di accelerazione e ben visibile. E, inoltre, chi ha intenzione di uscire ad Atripalda, a differenza di chi prosegue, in quel punto avrà abbondantemente rallentato e quindi difficilmente sarà sanzionato. Dunque non parlerei di effetto-trappola, ma solo di effetto-deterrente».

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Gianluca Roccasecca