La prof.ssa Giovanna Maffeo esprime soddisfazione e gratitudine per i risultati raggiunti: «Né un commiato, né autocelebrazione, ma la celebrazione di una scuola che sa farsi apprezzare»
Mi accingo ad avventurarmi nel mio tredicesimo anno di servizio alla Masi, l’ultimo per la mia Carriera. Pochi giorni fa un bel ragazzo dagli occhi azzurri mi ha abbracciato, sollevandomi da terra: Prof, non vi ricordate di me? Un attimo di smarrimento, poi il suo sguardo mi ha riconsegnato un ricordo nitido e ho rivisto le sue lacrime di adolescente. A Torino, nella stazione sento un: Professore’, con un accento decisamente familiare. Era Simone, un mio ex alunno di Atripalda che mi salutava con un riconoscente e caloroso abbraccio. Alessandra, un’altra mia ex alunna venendomi a trovare, mi ha portato dei suoi scritti da leggere e mi ha salutato dicendomi: ho seguito il suo consiglio, ho avuto cura di splendere e ho continuato a coltivare la scrittura. Federica ancora più in là negli anni, ha affermato che la sua scuola, la Masi, aveva le pareti trasparenti, donandole la possibilità di conoscere e confrontare idee.
Son tanti i ricordi che si affollano nella mia mente di prof., mi commuovono, mi divertono, mi inorgogliscono, mi danno da pensare.
Non ho alcun intento autocelebrativo, o meglio, a ben pensare, lo scopo di questo mio scritto è proprio di carattere celebrativo, ma nei confronti di una scuola, la Masi, che ha saputo diventare grande. I successi che di anno in anno abbiamo raccolto e che raccogliamo, disegnano il tracciato seguito da noi tutti con un piglio caparbio e un’ottica visionaria. E forte è il contributo di chi, riconoscendosi in tale visione, si è messo a servizio dell’intera comunità. La Masi ha e ha avuto, delle belle professionalità che, se si rintuzzavano e si rintuzzano, sanno al momento giusto ricompattarsi e con l’organizzazione e la lena pari solo all’operosità delle formiche lavorano per un fine comune. Cosa mi piace della mia scuola e di coloro che non si limitano ad abitarla, ma la vivono? L’assenza di retropensiero e di gelosie e, se ci sono, non li ho percepiti e quando hanno tentato di affiorare li ho guadati negli occhi e magicamente sono spariti.
Ho attraversato più stagioni, ho lavorato, rapportandomi con lealtà, con 4 dirigenze, diverse per stile e per approccio. Con tutte e quattro ho potuto confrontarmi e qualche volta scontrarmi, sempre sentendomi confortata dalla possibilità di esprimere liberamente il mio pensiero . Sono sempre stata in prima linea conciliando l’aspetto ordinario con quello funzionale del mio essere docente. Con i miei alunni , senza trascurare la coniugazione dei verbi studiare , capire e la forma passiva di spiegare, ho sempre privilegiato , tutti i modi e tutti i tempi del verbo sognare, avendo cura di far cogliere la forza evocativa della prima persona del presente indicativo, modo della certezza: SOGNO.
Il sognare che ho cercato di infondere è fatto di fiducia, di progettazione e passa con disinvoltura dall’incanto dei versi di una poesia al pragmatismo di una startup. Sempre di sogno si tratta! Durante la mia carriera mi sono sempre ispirata ad un assunto, per me importante, “trattare i ragazzi che mi venivano affidati, così come avrei voluto trattassero mio figlio”. Il tempo mi riconsegna i risultati della mia fedeltà a questo principio. La preside questa mattina, con una punta di accorata amarezza, commentava, da vero coach: Proprio adesso che i risultati del lavoro di squadra di questi ultimi anni sono percepiti, non solo da noi, ma dall’intera comunità, grazie anche alle new entry, mi dispiace dover lasciare. Avrei continuato a lavorare per questa scuola.
Preside, provo lo stesso sentimento.
Pur non essendo atripaldese, sento forte il senso di appartenenza e lo spirito di servizio ad una comunità che, professionalmente e umanamente, mi ha dato tanto
Qualche anno fa alla fine di un video, il prof. Renzulli mutuò dal mondo pubblicitario un testo, giudicato a torto o a ragione retorico con l’aggravante di strizzare l’occhio al sentimento comune. Io che non ho spocchiosità intellettuali , trovo abbastanza rappresentativo del mio sentire:
La vita è un insieme di luoghi e di persone che scrivono il tempo.
Il nostro tempo.
Noi cresciamo e maturiamo collezionando queste esperienze.
Sono queste che poi vanno a definirci.
Alcune sono più importanti di altre, perché formano il nostro carattere.
Ci insegnano la differenza tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
La differenza tra il bene e il male.
Cosa essere e cosa non essere.
Ci insegnano chi vogliamo diventare.
In tutto questo, alcune persone e alcune cose si legano a noi in un modo spontaneo e inestricabile.
Ci sostengono nell’esprimerci e nel realizzarci.
Ci legittimano nell’essere autentici e veri.
E se significano veramente qualcosa, ispirano il modo in cui il mondo cambia e si evolve.
E allora, appartengono a tutti noi e a nessuno.
La MASI appartiene a tutti noi. Abbiatene cura
Giovanna Maffeo