
La situazione delle persone transgender negli istituti penitenziari italiani: diritti e difficoltà - Ilsabato.com
In Italia, la realtà degli istituti penitenziari si arricchisce di un tema delicato e importante: la condizione delle persone transgender in detenzione. Sei sono gli istituti che accolgono detenuti transgender, per un totale di circa settanta individui. Questa particolare situazione comporta sfide uniche e gravi, come evidenziato dal garante regionale per i detenuti in Emilia-Romagna, Roberto Cavalieri, il quale ha organizzato un convegno per il 9 aprile a Bologna per discutere approfonditamente di queste tematiche.
La “doppia difficoltà” delle persone transgender detenute
Le persone transgender che si trovano in carcere affrontano una “doppia difficoltà”: da un lato, la limitazione della loro libertà personale, dall’altro l’appartenenza a una minoranza che è già oggetto di discriminazione. Cavalieri sottolinea che la condizione di isolamento prolungato per queste persone rappresenta una violazione dei diritti fondamentali. Durante il convegno, il focus sarà sulla sezione di Reggio Emilia, dove si osserva che le opportunità di istruzione, formazione professionale e accesso al lavoro, elementi cruciali per la rieducazione, non sono garantite. Questo porta a un isolamento significativo, compromettendo ulteriormente il loro benessere e il potenziale reinserimento sociale.
Il rapporto più recente sulle condizioni di detenzione, curato dall’associazione Antigone, evidenzia la situazione di 69 persone transgender in sezioni protette, di cui la maggior parte è ospitata in strutture specifiche per questo gruppo. Alcuni degli istituti che accolgono detenuti transgender includono Rebibbia Nuovo Complesso, Como, Reggio Emilia, Napoli Secondigliano, Ivrea e Belluno, ognuno con capacità di accoglienza variabili. Tuttavia, il semplice fatto di essere collocati in sezioni protette, secondo Antigone, non implica la garanzia di un trattamento uguale a quello degli altri detenuti.
La criticità dei circuiti informali in carcere
Un punto critico evidenziato da Antigone è il metodo di gestione delle collocazioni in sezioni protette, che avviene attraverso circuiti informali piuttosto che tramite regimi formalizzati. Questa scelta comporta un’inevitabile limitazione ai diritti di uguaglianza e può trasformarsi in una vera e propria condizione punitiva, piuttosto che protettiva. Le persone transgender possono infatti vivere una forma di pluri-stigmatizzazione ed emarginazione all’interno del sistema carcerario.
Il garante Cavalieri ha evidenziato la necessità di percorsi di trattamento personalizzati per le persone transgender in carcere, che prendano in considerazione sia le loro esigenze uniche che i problemi di disagio psichico che spesso emergono in queste situazioni. È essenziale che le strutture penitenziarie si adoperino per affrontare tali questioni, invece di contribuire a una spirale di esclusione sociale.
Carenze nei servizi della sezione di Reggio Emilia
La sezione di Reggio Emilia, chiamata Orione e attiva dal 2018, è al centro di molte delle critiche riguardanti l’offerta di servizi ai detenuti transgender. Cavalieri fa notare che la disponibilità di servizi di trattamento in carcere è significativamente inferiore rispetto a quelli riservati ai detenuti maschi. Tra gli aspetti critici, la questione delle terapie ormonali e della psicoterapia per il supporto del percorso di transizione è fondamentale. Tuttavia, in questa struttura ci sono difficoltà nella realizzazione di queste terapie a causa della mancanza di personale sanitario specializzato disponibile.
I diritti delle persone transgender in carcere rappresentano una questione complessa e delicata che richiede un’attenzione particolare, soprattutto per garantire loro un trattamento dignitoso e la possibilità di un effettivo reinserimento sociale. La situazione attuale nei penitenziari italiani evidenzia la necessità di rivedere le pratiche esistenti e rafforzare i servizi a sostegno di questa particolare popolazione.