Nel 70° anniversario della fondazione, Carmine Cioppa riannoda i ricordi sul filo della memoria: dal “miracolo” di San Sabino alla crisi per il boom dell’auto privata. Uno stimolo a ritrovare la voglia di fare
DALL’IDEA INIZIALE AI GIORNI NOSTRI, UN’AVVENTURA IMPRENDITORIALE E SOCIALE UNICA
E’ il 19 agosto 1946, nel Cinema Ideal di Atripalda, si riunisce l’Assemblea generale dei soci della costituenda Società Filoviaria Irpina (SFI) Spa. E’ il primo atto ufficiale di un progetto avviato già qualche anno prima tra mille difficoltà, come vedremo meglio in seguito, ed, allo stesso tempo, la concretizzazione di una iniziativa che rimarrà unica.
Siamo nel pieno periodo post bellico. Sono passati poco meno di tre anni dalla fine della seconda guerra mondiale che ha portato morte e distruzione. Avellino ha subìto, a settembre del ’43, un bombardamento che ha causato circa tremila morti.
Il contesto economico, già prima della guerra, è quello di una Provincia povera, con un reddito pro capite tra i più bassi d’Italia, riveniente, per il 50%, da un’agricoltura ancora più povera, per la parcellizzazione della proprietà fondiaria.
Il contesto sociale contrappone ad un basso indice di alfabetizzazione una media borghesia illuminata. Da essa scaturirà una classe politica con un’ampia visione dei fenomeni ed una convinta missione di crescita del territorio irpino.
Atripalda è una delle cittadine più vivaci; ad un’attività molitoria di carattere industriale e di lavorazione del rame, entrambe legate alla presenza di corsi d’acqua, aggiunge la consolidata capacità commerciale, favorita anche dalla posizione geografica e dalla ridotta rete stradale che la pone come crocevia obbligato per raggiungere il capoluogo.
E’ un commercio, all’ingrosso ed al minuto, che spazia dal grano (la Dogana ne è il simbolo evidente) al settore alimentare (formaggi, oli, baccalari) ai coloniali (caffè, zucchero, spezie), ai tessuti, alle calzature, al bestiame (il mercato del giovedì al largo tigli è il secondo per importanza, dopo quello di Nola, a livello campano). E, con il commercio, prospera l’artigianato; basti pensare ai tanti e bravi sarti o ai calzolai, per fare un esempio.
E’ l’humus più adatto per cogliere la combinazione di tre fattori connessi tra di loro: durante un comizio l’On. De Martino, deputato alla Costituente, promette di realizzare un servizio più celere ed efficace di collegamento con il capoluogo; i principali operatori economici intuiscono l’importanza dell’iniziativa; il Direttore del Banco di Napoli, mio padre, vuole realizzare qualcosa per il Paese che lo ospita con tanto affetto. Si fa carico, perciò, della promozione del progetto, a livello di coordinamento, nonché della raccolta fondi.
LE DIFFICOLTA’ NON MANCARONO A CAUSA DELLA CONCORRENZA DELLA SITA E DEI CONTRASTI COL COMUNE DI AVELLINO
La Società Filoviaria Irpina è quella che oggi chiameremmo una public company, una società ad azionariato diffuso, popolare. Il capitale iniziale di 30 milioni di lire è suddiviso in azioni di 1000 lire ciascuna. Viene sottoscritto da 557 soci, con una media di poco inferiore a 55 azioni per socio; tra i primi sottoscrittori, ben 160 sono quelli residenti ad Atripalda, con una media di 35 azioni per socio. Ma è tutta la Provincia che viene coinvolta; i soci originari hanno residenza in 38 Comuni dell’Irpinia ed in 9 città fuori Provincia.
Le principali difficoltà sono dovute all’intervento della potente SITA di Firenze (Società Italiana Trasporti Autobus), che gestisce, tra l’altro, la tratta Avellino-Atripalda con autobus inefficienti e personale insufficiente e che inoltra subito un progetto al Ministero dei Trasporti analogo a quello ipotizzato dalla SFI. Saranno solo gli interventi dell’On. De Martino e dell’On. Scoca ad evitare il peggio.
L’altro contrasto è con il Comune di Avellino, che reclama la stipula di una convenzione che sarà fatta slittare per oltre dieci anni sulla base di presunti danni che ne deriverebbero al servizio, ma che, in realtà, ha il solo scopo di mantenere ad Atripalda la sede sociale ed operativa, individuata all’inizio in “via provvisoria” (applicazione del principio che non c’è cosa più duratura di quella provvisoria).
Il Comune di Atripalda, sindaco il dott. Carmine Nazzaro, ha tra l’altro messo a disposizione della SFI, per deposito e manutenzione dei mezzi, la parte posteriore dell’edificio della Dogana dei Grani, con accesso autonomo da Via Sparavigna.
Occorre bruciare i tempi per evitare gli ostacoli che si frappongono al progetto!
Quelli di realizzazione dell’impianto sono da record, anche per la possibilità di acquistare il materiale dalla So.me.tra. una società facente capo all’On. Di Martino, che ha realizzato un analogo impianto nella vicina Salerno; la concessione del Ministero è, infatti, dell’8/2/47 ed il 16 settembre dello stesso anno i primi Filobus, “le macchine con le pertiche”, cominciano a circolare.
La scelta della data non è casuale; è la festa di San Sabino, Santo Patrono di Atripalda, la Città che ha pensato, voluto e realizzato questo progetto.
Ed anche in questa caso c’è una piccola “forzatura”: il 4/9/1947 i Rappresentanti della Società comunicano ai Comuni di Avellino e di Atripalda, che debbono rilasciare il nulla osta per l’entrata in esercizio dell’opera, che il 16 successivo ci sarà l’inaugurazione alla presenza del Ministro dei Trasporti on. Corbellini, di fatto obbligando entrambi i Sindaci ad assumere provvedimenti con i poteri della Giunta. Intanto anche l’Anas dà l’autorizzazione per l’utilizzo delle strade.
Al resto pensa San Sabino: un autentico miracolo vedere i primi filobus in azione e tante possibilità di lavoro, in un periodo di crisi occupazionale!
All’inaugurazione della prima corsa filoviaria intervengono il Ministro dei Trasporti Corbellini, alcuni parlamentari irpini, fra cui Alfredo Covelli e Costantino Preziosi, i Sindaci di Avellino (Amendola) e di Atripalda (Nazzaro), consiglieri comunali e provinciali, mentre gli On.li De Martino e Scoca, per impegni di Governo, inviano messaggi di augurio. Ma c’è soprattutto tanta gente, perché è la festa del Santo Patrono, perché è una bella iniziativa, perché è un vanto per il paese, perché in tanti ci hanno creduto.
LA GESTIONE FINANZIARIA SI CARATTERIZZO’ PER ASSENZA DI INDEBITAMENTO BANCARIO ED EMISSIONE DI OBBLIGAZIONI
Ma torniamo alla costituzione della Società, che nomina il primo Consiglio di Amministrazione composto da Carmine De Martino, Salvatore Cioppa (che assumerà la carica di Amministratore Delegato), Vincenzo Porcelli, Umberto Muscetta, Angelo Mastroberardino, Domenico Capano, Nino Piccolo, Basilio Focaccia (che sarà il primo Presidente della Società, subito dimessosi perché eletto Senatore) e Carlo Tozzi. Per il Collegio Sindacale, la scelta cade su Antonio Lanzara, Raffaele De Felice e Giuseppe Della Pia, come Sindaci effettivi e su Salvatore Sasso e Vito Salomone Sindaci supplenti.
Per gli appassionati di vicende societarie, vanno segnalate le scelte innovative – per l’epoca – che caratterizzano la gestione finanziaria, con assenza di ricorso all’indebitamento bancario ed integrazione dei mezzi propri attraverso aumenti di capitale ed emissione di prestiti obbligazionari.
Una scelta coerente con gli utili destinati a dividendi – cioè la remunerazione degli azionisti – che raggiungono, già dal secondo esercizio, il 5%. Un dividendo, che sarà percepito fino al 1957, ampiamente remunerativo, ove si consideri che il Prestito per la Ricostruzione, emesso dallo Stato nel 1944, con durata 5 anni (un titolo analogo ai nostri Btp) fruttava un interesse annuo del 3,50%, pagabile in due cedole semestrali; il tasso ufficiale di sconto, quello applicato tra Banca e Banca d’Italia, oscillava invece tra il 4 ed il 5%.
Per i cultori di strategie aziendali, ma anche per i lettori inesperti, la lungimiranza degli Amministratori è nella definizione delle linee guida e degli obiettivi strategici esposti nel primo bilancio dell’esercizio 1947: 1) salvaguardia degli interessi degli azionisti che hanno investito risparmi in una iniziativa sociale e non speculativa; 2) garanzia di un servizio pubblico, puntuale ed efficiente; 3) tutela dei dipendenti attraverso eque retribuzioni anche per premiarne l’ampia disponibilità sempre dimostrata. Tutto questo oggi rientrerebbe nella normalità, ma non dimentichiamo che stiamo esaminando fenomeni dell’immediato dopo guerra.
Il servizio, che inizialmente collega Atripalda con alcuni punti centrali di Avellino, viene successivamente esteso a Pianodardine, Valle, Bellizzi, Picarelli, Contrada fino ad arrivare a Mercogliano, per collegarsi con la funicolare per Montevergine.
I primi dieci anni sono caratterizzati da risultati positivi, sintetizzabili nella crescita del patrimonio, nella distribuzione di utili agli azionisti e nell’ampliamento della forza lavoro.
Quelli successivi, col cambio pressoché totale degli amministratori, manifestano elementi di criticità, che si accentuano nel tempo per il boom delle auto private, l’imposizione del prezzo politico del biglietto – con la promessa di contributi che non sarebbero mai arrivati – e, non nascondiamolo, con il prevalere di interessi da parte di azionisti/amministratori che operavano nello stesso settore dei trasporti e che avevano interesse ad un “indebolimento” della Società; senza immaginare che la situazione potesse sfuggirgli dalle mani.
Come ho avuto modo di dire, questa della SFI è una bella storia, “unica” non solo per il contesto storico in cui è maturata, ma anche se raffrontata con l’attuale periodo di apatia imprenditoriale, non solo a livello locale.
Il ricordo vuole essere uno stimolo a ritrovare voglia di fare le cose, perché le capacità non mancano soprattutto nei giovani che oggi finalmente guardano con distacco (giocoforza o convinti) al “posto fisso”.
E’ un ricordo volutamente frammentario ed incompleto, che ha, per me, una forte componente emotiva. Nel mettere a posto alcuni documenti, ho trovato un album fotografico di quel periodo; non contiene foto ma trentadue biglietti da visita delle stesse dimensioni e fattura, con i nomi dei primi collaboratori della SFI. Sulla prima pagina dell’album, con una grafia svolazzante, una dedica: “Al dott. S. Cioppa, il personale della S.F.I., li 6-8-1949” (data dell’onomastico di mio padre).
Ho immenso piacere nel ricordare questi nomi per un riconoscimento ai tanti dipendenti, che, con abnegazione ed impegno, hanno costituito il braccio operativo di questa iniziativa:
Antonio Amoroso, Michele Anzuoni, Alessandro Arena, Arturo Bonazzi, Ciro Borriello, Aniello Cantelmo, Luigi Caputo, Leopoldo Cascetta, Vincenzo Dattolo, Domenico Esposito, Mauro Esposito, Antonio Ficuciello, Antonio Forte, Fiorenzo Francavilla, Alessandro Gengaro, Pasquale Gengaro, Antonio Gubitosi, Carmelo Iaccheo, Nicola Iandoli, Vincenzo Imbimbo, Antonio Infante, Sabino Lepore, Angelo Losco, Edvige Mazza, Giuseppe Melillo, Vincenzo Musto, Vincenzo Napoletano, Ciro Niespolo, Giuseppe Paladino, Rocco Pallante, Antonio Primaverile, Palmerino Stanchi.
Carmine Cioppa