L’assessore alle Finanze risponde alle nostre domande: «Abbiamo trovato un Comune sotto di 6 milioni di euro ed eravamo quasi tutti alla prima esperienza. Ma il sindaco è stato all’altezza del compito. La mia ricandidatura? Se dovessi decidere oggi passerei la mano»
Assessore, come valuta la sua esperienza al governo della città? Quanto è soddisfatto?
Preferirei fossero i cittadini a valutare la mia esperienza, tuttavia, per non sfuggire alla sua domanda direi che questi quattro anni da Amministratore alla guida del settore finanze e patrimonio del Comune sono stati vissuti tra alti e bassi, con la preoccupazione per la reale situazione finanziaria dell’Ente e con la soddisfazione di aver contribuito a restituire all’Ente stesso credibilità e affidabilità finanziaria rispetto ai creditori e agli organi di controllo, tra cui la Corte dei Conti. Sicuramente una sfida avvincente che mi ha consegnato una giusta dote di esperienza ed una maggiore consapevolezza della macchina amministrativa e delle capacità personali. Direi di sentirmi soddisfatto se non per una serie di eventi imponderabili legati soprattutto al continuo susseguirsi di debiti fuori bilancio, che nei quattro anni hanno raggiunto la somma complessiva di oltre 2 milioni di euro, e al recupero del disavanzo di circa 4 milioni. Pensi a quante cose avremmo potuto realizzare per la nostra città con una cifra di tale importanza. In definitiva mi confortano gli apprezzamenti che continuo a ricevere, anche oltre i nostri confini cittadini, per il lavoro sin qui svolto.
Era possibile fare di più?
Sicuramente avremmo potuto fare di più ed in qualche occasione anche meglio. Ricordo, però, che quasi la totalità degli attuali amministratori, me compreso, si è trovata alla prima esperienza, che non è stata una prova generale, bensì una vera e propria attività amministrativa con tanti problemi a cui dare risposta e con incidenti di percorso sia politici che amministrativi piuttosto seri che hanno rallentato il disegno politico per Atripalda. Ricordo soprattutto a me stesso che per i primi tre anni i problemi finanziari, attestati dalla Corte dei Conti, hanno provocato una vera paralisi all’attività politico-amministrativa. Tuttavia, abbiamo operato con responsabilità realizzando cose concrete ed importanti rispetto alle reali possibilità e, comunque, non è ancora finita perché l’attività amministrativa continua secondo programma e terminerà con la fine della consiliatura: “partita finisce quando arbitro fischia”.
E Paolo Spagnuolo che sindaco è stato? Poteva fare di più?
Anche il sindaco è alla sua prima esperienza nel ruolo di primo cittadino di un ente piuttosto inadeguato nella sua componente operativa. Si è trovato a dover fronteggiare una macchina amministrativa con scarse risorse finanziarie, ridotte risorse umane, peraltro ogni anno sempre più decimate e con nessuna possibilità di rimpiazzo, nonché a dover affrontare anche qualche crisi politica di troppo. Gli va riconosciuta una buona capacità di gestione arricchita da un’altrettanto positiva capacità comunicativa e di coordinamento. Paolo Spagnuolo ha saputo conferire la giusta responsabilità a tutti i delegati nel pieno rispetto e dignità dei singoli ruoli. Per quanto mi riguarda, nei momenti, veramente difficili, quando siamo stati ad un passo dal dissesto finanziario mi ha dimostrato piena fiducia credendo nel mio piano di risanamento. Sicuramente avrebbe potuto fare di più in condizioni un po’ più favorevoli ma, in ogni caso, ritengo che si sia speso in presenza, impegno e capacità che il ruolo gli impone.
Da due anni, dopo la sua fuoriuscita dall’Udc, non è più iscritto ad alcun partito: ne avverte la mancanza?
Ho deciso di uscire dall’Udc nel momento in cui non sono riuscito a far comprendere a qualche esponente locale del partito le mie ragioni relative soprattutto alla rivendicazione dell’autonomia locale rispetto alle richieste che venivano da Avellino anche per effetto dell’ossessiva pressione di un paio di dirigenti locali, i quali provocavano continue riunioni, presenziate sempre dallo stesso manipolo di persone, che si ripetevano sullo stesso ritornello in un clima che non era di certo piacevole. Non nego di essermi sorpreso per il fatto che rispetto alla mia provocazione dimettendomi da capogruppo non vi sono stati seri interventi di componimento da parte dei dirigenti locali e provinciali i quali in una sola occasione mi chiesero di rientrare nel ruolo senza però affrontare con decisione le questioni che mi vedevano in dissenso. Eppure, oggi leggo dichiarazioni del segretario cittadino dell’Udc che invoca autonomia territoriale; cosa che chiedevo anch’io. Comunque, da allora non ho mai più ricevuto nemmeno una telefonata dal partito. Attualmente, più che mancanza, avverto l’esigenza di potermi confrontare in un partito che possa fare da cassa di risonanza per conto della collettività verso l’Amministrazione e viceversa circa le attività messe in campo da quest’ultima per dare risposte alle esigenze.
Ha mai pensato di aderire al Pd?
Ad oggi non ho effettuato alcuna scelta partitica perché ritengo che, dopo l’esperienza vissuta nell’Udc, prima di aderire ad un partito sia necessario comprenderne appieno le affinità, onde evitare che i partiti siano come delle porte girevoli, dove si entra e si esce in quanto privi di un progetto definito e di degni punti di riferimento. In ogni caso non nego di provare una certa simpatia nei confronti del Pd, se non altro per affinità di veduta con i colleghi consiglieri che si riconoscono in questo partito.
Lei si ricandiderà al fianco di Paolo Spagnuolo alle prossime elezioni?
In questo momento sono concentrato a portare a termine la consiliatura al fianco di Paolo Spagnuolo con senso di responsabilità e la mente proiettata alla risoluzione dei problemi dovuti alle nuove tegole finanziarie abbattutesi recentemente sul nostro Ente, ma per l’attività svolta e per l’impegno sin qui profuso, a causa dei numerosi impegni professionali, dovendo fare una valutazione ragionata, non mi sento di confermare una mia ricandidatura alle prossime amministrative. Ad onor del vero vi è poi un ulteriore elemento legato alla difficoltà, per molte persone, di discernere i rapporti personali dalla politica. Non sopporto il fatto che a causa delle scelte che si operano in politica si debba arrivare a sacrificare i rapporti umani al punto di provare sentimenti quali invidia, rancore e odio tra persone. Tornando alla domanda le dico che se al prossimo appuntamento elettorale dovessi sentirmi talmente rimotivato ad affrontare una nuova sfida al fianco di Paolo Spagnuolo lo rifarei in quanto penso fermamente che il “turnover” veloce di sindaci che si alternano alla guida della città non sia un bene per la comunità per il semplice fatto che ogni nuova amministrazione prima di tracciare un vero programma politico abbia necessità di confrontarsi con la situazione reale dell’Ente. Questa è una fase di analisi che richiede tempo e comporta ritardi nel dare risposte efficaci ai problemi. In conclusione, comunque, c’è da considerare che la politica è evoluzione e ciò che non avviene in un tempo medio-lungo può verificarsi anche in un giorno, pertanto, anche essendo e restando grande amico di Paolo Spagnuolo può sempre verificarsi la condizione di ritrovarsi politicamente contrapposti.
Come giudicherebbe l’eventualità che il Pd non dovesse sostenere la ricandidatura di Paolo Spagnuolo?
Non voglio pensare che un partito che ha condiviso in pieno l’azione amministrativa guidata da Paolo Spagnuolo possa disconoscerne l’operato. Tuttavia, se dovessero emergere ambizioni personali, partitiche o valutazioni politiche plausibili, ritengo legittimo per un partito fare le proprie scelte e decidere di non appoggiare una ricandidatura di Spagnuolo. Sicuramente sarà difficile per il Pd affermare che il sindaco non abbia operato in condivisione ed in linea con gli indirizzi politici del Partito democratico.
Il dibattito pre-elettorale è già sostanzialmente partito: lei quale scenario immagina?
Sinceramente che il dibattito pre-elettorale sia già iniziato io non me ne sono accorto. Oggi tutto ciò che si sente in giro non fa bene i conti con la realtà. Penso che adesso sia ancora prematuro fare valutazioni circa alleanze e probabili candidature in quanto non è ancora chiaro a molti dei soggetti politici interessati da che parte stare se non per il fatto di fare fronte comune contro Paolo Spagnuolo. Al di là delle semplici valutazioni di opportunità e di convenienza vi è qualcuno che si affaccia timidamente con proclami e promesse per migliorare le condizioni del commercio, delle fasce deboli, dell’ambiente, ma come spesso accade, non viene detto né come e né con quali mezzi risolvere i problemi endemici della città. In più sono fermamente convinto che, ormai, siano superati i vecchi schemi della politica (centro-sinistra e centro-destra) e che sia piuttosto necessario condividere politiche e visioni comuni tra soggetti con una certa affinità.
Chi vincerà le prossime elezioni?
Non essendo state ancora definite né liste, né candidati e né i rispettivi programmi risulta piuttosto impossibile azzardare previsioni sul nulla. Tuttavia, visto l’attuale contesto politico, presumo che eventuali candidati a sindaco di Atripalda che dovessero appartenere al passato, mossi da logiche antiche e conservatrici, rappresentando per la città una sorta di “restaurazione”, si troveranno a registrare una sicura bocciatura da parte dell’elettorato semplicemente per mancata credibilità, offrendo, di conseguenza, terreno fertile a chi, invece, saprà distinguersi per discontinuità, adeguata competenza e concretezza rispetto ai primi. Al di la di possibili sorprese rappresentate da eventuali liste di protesta, attualmente credo che una eventuale lista capeggiata da Paolo Spagnuolo possa avere una concreta riaffermazione, per il resto: “Alias, trilias…”.
Siamo messi male ad Atripalda. Molto male