L'hacker Calamucci: le rivelazioni sul caso Equalize e la falsa squadra di analisi - Ilsabato.com
Le recenti dichiarazioni di Nunzio Samuele Calamucci, l’hacker coinvolto nel caso Equalize, gettano nuova luce su alcuni aspetti dell’indagine. Durante un interrogatorio del 11 dicembre, Calamucci ha affermato che la squadra di analisti e cyber-spie, con a capo due professoresse di una università britannica, non sarebbe altro che un’invenzione. Le sue parole fanno intravedere un colpo di scena significativo per l’intera vicenda, mentre il caso continua a svilupparsi.
Durante il suo interrogatorio, Calamucci ha sostenuto che l’idea di una squadra di analisti fosse frutto della sua immaginazione, creata per proteggere due indagati, Giulio Cornelli e Samuele Abbadessa. Calamucci ha dichiarato: “È una storiella che ho inventato per coprire Cornelli e Cavicchi agli occhi di Carmine Gallo, che è mio cliente, è sempre stato mio cliente insomma.” L’hacker ha spiegato che i nomi delle professoresse, citati nelle intercettazioni e nelle e-mail, erano stati utilizzati come espedienti per supportare la sua versione dei fatti.
Queste affermazioni rappresentano un punto cruciale nell’indagine. In effetti, Calamucci ha voluto chiarire di aver usato i nomi reali di alcune persone per creare una narrazione che potesse apparire credibile agli occhi di Gallo. “Ho firmato Monica per far credere a Carmine che c’era un’altra persona,” ha aggiunto, insinuando che tutto fosse un tentativo di distrarre o ingannare.
Un altro aspetto interessante emerso dalle dichiarazioni di Calamucci è la menzione di un’altra azienda che forniva accessi abusivi, definiti come “Sdi”. Secondo quanto riportato, l’azienda in questione inviava i report e gli accessi a Calamucci, il quale ha affermato di aver lavorato insieme a un gruppo di circa 40-42 analisti. Tuttavia, Calamucci ha detto di aver realizzato che “di sostanza ce n’era poca.” In questo contesto, ha identificato Mattia Coffetti, Samuele Abbadessa e Giulio Cornelli come gli unici veri analisti coinvolti. La sua testimonianza allude all’esistenza di un contesto lavorativo meno strutturato e più disordinato di quanto inizialmente potesse apparire.
In aggiunta alle sue affermazioni circa la squadra di analisi, Calamucci ha ribadito di non essere mai stato associato al noto gruppo di hacker Anonymous. “Mai, mai, le mie doti informatiche sono medie,” ha dichiarato, cercando di separare se stesso da un’immagine di esperto celebre per le sue abilità informatiche. Questa negazione evidenzia come la sua visione di se stesso sia ben distante dalla figura che la società può avere di un hacker in grado di compiere attacchi informatici complessi e coordinati.
Il progredire del caso Equalize non smette di rivelare intricati legami e una rete di collegamenti sospetti. La versione di Calamucci, con le sue contraddizioni e i riferimenti a collusioni, potrebbe avere un ruolo cruciale nella risoluzione dell’indagine. Resta ora da vedere come si evolverà la situazione e quali nuove informazioni emergeranno nei prossimi sviluppi.