Una lettera dell’autrice atripaldese è stata selezionata dalla giornalista Concita De Gregorio
“Non avrei mai dovuto addormentarmi, non avrei mai dovuto credere alle loro promesse, non avrei mai dovuto fidarmi di loro. Ho chiuso gli occhi e tu mamma non ci sei più, sei andata via, mi hai lasciato per sempre a fare i conti con la mia insonnia”, è uno dei passi più struggenti della “lettera- racconto” firmata da Cinzia Spiniello e pubblicata sul blog “Invece Concita – l’angolo delle vostre storie”, curato da Concita De Gregorio, firma storica de “La Repubblica”.
Un abbraccio di parole simile ad un pugno nello stomaco talmente dalla forza che sprigiona, ma che in alcuni istanti sembra che ti stringa in un abbraccio materno, un gesto che a Cinzia manca tanto. La lettera, comunque, almeno secondo me, è un inno all’amore, un invito a non sprecare neanche un minuto, nonostante quell’insonnia che ci spaventa perché a volte significa “perdere così la capacità del controllo della situazione, di non poter sfuggire al sentimento della mancanza, di non potermi ricongiungere con lei”.
Cinzia, infatti, metaforizza la paura di addormentarsi al desiderio di non allontanarsi dalla madre, una sensazione che proviamo tutti noi da bambini: il disperato bisogno di non chiudere gli occhi non tanto per la paura del buio, ma soprattutto perché spaventati dal terrore di non riempirli più del profumo di quella donna che ci sta educando alla vita.
La lettera, che ha colpito Concita De Gregorio e numerosi utenti, ha attirato anche vari commenti “velenosi”, che hanno invitato Cinzia ad assumere medicinali per curare questo malessere. Ed invece, miei cari, qui non c’è nulla da curare, anzi se fossimo tutti affetti da questa “ansia” di vivere, il mondo sicuramente sarebbe un posto più sensibile. E allora ti ringraziamo cara Cinzia, ti ringraziamo perché con poche parole ci hai suggerito semplicemente di vivere, di chiudere gli occhi soltanto il tempo necessario di ricaricare le pile e poi via a gettarci tra le braccia della vita per goderne finché abbiamo fiato in corpo da donare al mondo intero.