Il prof. Raffaele La Sala traccia un profilo di Tommaso Strumolo, abile “uomo di partito” e amministratore, scomparso alcuni giorni fa
Scompare all’età di 90 anni non ancora compiuti, il geometra Tommaso Strumolo, il ‘maestro’ di politica, uno dei protagonisti sulle rive del Sabato e in Irpinia, della storia democristiana del secondo ‘900, prima della frettolosa liquidazione di una prima repubblica, a mio parere migliore, persino nelle sue più vistose opacità, della seconda e di quelle che eventualmente verranno. La sua scomparsa improvvisa, ma non inattesa per l’irreversibile declino che in poco più di un anno ne ha compromesso la fibra, chiude davvero una pagina della vita politica e civile di Atripalda, per la quale, al netto di scelte e di errori, già si prova rimpianto.
Era da tempo che Tommaso, ormai da almeno un ventennio, non partecipava più in prima persona alla vita pubblica, eppure ancora fino allo scorso anno era un riferimento certo per le qualità che gli erano riconosciute da avversari ed amici: fine conoscitore di uomini e cose, narratore di retroscena, aneddoti ed indiscrezioni cittadine, abile tessitore di solidarietà e… di conflitti politici, amministratore accorto ed incisivo, perfino ‘autoritario’, in nome del bene supremo del partito e della ‘politica’ nelle Istituzioni Pubbliche.
Tommaso, politicamente, non era nato democristiano, eppure dalla fine degli anni ’50 si era fatto interprete ascoltato della DC dei giovani della sinistra di base, rigoroso sui principii e pragmatico nella gestione del ‘potere’. Era stato responsabile dell’ufficio ‘collocamento’ di Atripalda, consigliere e assessore municipale, amministratore dell’Asl e responsabile della segreteria politica del deputato Giuseppe Gargani, più volte eletto delegato nei congressi di partito e nel comitato Provinciale Dc e avrebbe potuto essere sindaco. Ma non amava mettersi in mostra, forse per una naturale ritrosia, e forse era più affascinato dalla costruzione di alleanze segrete e dagli improvvisi ed imprevisti capovolgimenti di scena che ne dovevano derivare. Si vantava, ed era vero, di essere un ‘uomo di partito’ e perciò censore austero e severo di comportamenti disallineati e libertà di pensiero, ritenuti nel migliore dei casi prove imperdonabili di viltà o di tradimento. E anche per questo era temuto e rispettato, da chi gli era amico e anche da chi lo riteneva responsabile di tutte le trame, e ne apprezzava la franca determinazione. Ma al di là degli affetti familiari, dei quali era geloso custode, e se poté sempre contare su molti e devoti sostenitori, non ebbe molti amici. E non credo di far torto ad alcuno, tra quelli che gli sono stati vicini fino alla fine, se ricordo i nomi di quelli che egli ritenne veramente tali: innanzitutto don Raffaele Aquino, poi Gennaro Marena, Sergio e Gerardo Capaldo, Gianni Gasparini, tutti raccolti in un inossidabile sodalizio, consolidato negli anni in una fraterna vicinanza che non fu senza dispiaceri e sofferenze, con il giovane Peppino Gargani, proiettato verso l’alta politica, all’ombra e qualche volta in conflitto con Ciriaco De Mita.
Oggi prevale l’emozione e dirà la storia, se e quando vorrà, che cosa Tommaso Strumolo ha rappresentato nella storia politica della nostra Città, Certo, per quanto mi è dato di conoscere e per le vicende delle quali sono stato testimone, non tutte le responsabilità che di volta in volta gli furono addebitate, furono sue, o sue soltanto. Come lo sventramento del centro storico di Capo la Torre, o la localizzazione del quartiere di Alvanite. Ma, determinato nei convincimenti e nell’azione, non si tirò mai indietro e un fu un combattente di tutte le battaglie.
Lo voglio ricordare così, col cipiglio severo del capo e gli occhiali da lettura calati sul naso. Un ‘maestro’, a prescindere.
In memoria.
Raffaele La Sala