L’introduzione dei test salivari rappresenta un passo avanti contro la guida sotto l’effetto di droghe, ma pone questioni di affidabilità
Le recenti modifiche al Codice della Strada hanno introdotto i test salivari come strumento per accertare la guida sotto l’effetto di droghe. Sebbene l’obiettivo dichiarato sia migliorare la sicurezza stradale, la normativa ha suscitato dibattiti accesi. Da un lato, c’è chi sostiene la misura come indispensabile; dall’altro, alcune associazioni e movimenti civici denunciano possibili violazioni dei diritti individuali.
Le principali critiche si concentrano su due aspetti: il rischio di falsi positivi dovuti a farmaci o altre sostanze innocue e l’utilizzo del test salivare anche in assenza di uno stato di alterazione evidente. Tra i più critici, i Radicali Italiani, che intendono sollevare una questione di legittimità costituzionale. Secondo loro, il provvedimento rischia di penalizzare persone che non rappresentano un pericolo reale per la sicurezza stradale, limitando inutilmente i diritti individuali.
Il test salivare consente alle forze dell’ordine di verificare rapidamente la presenza di sostanze stupefacenti nel corpo del conducente. Il procedimento è semplice e non invasivo: un campione di saliva viene raccolto e trattato con un reagente chimico, che segnala in pochi minuti eventuali tracce di droga.
Questo metodo è apprezzato per la sua rapidità e affidabilità, ma presenta alcune limitazioni. Gli esperti sottolineano che i risultati possono essere influenzati da variabili come l’uso di farmaci o residui di droghe assunte anche giorni prima, con la possibilità di falsi positivi che penalizzano chi non è effettivamente sotto l’effetto di stupefacenti al momento del controllo.
Il rischio dei falsi positivi
Le forze dell’ordine utilizzano strumenti diversi per i test salivari:
- Carabinieri: impiegano il DrugWipe 5S, un dispositivo usa e getta che rileva varie sostanze, tra cui THC, cocaina e oppiacei. La soglia minima per il THC è di 10 nanogrammi per millilitro, e i risultati sono disponibili in circa 8 minuti. In caso di positività, sono previsti ulteriori accertamenti con due test successivi, inviati a Roma per conferma.
- Polizia: utilizza il dispositivo SoToxa, che mostra i risultati su uno schermo e li stampa. Il test ha una soglia di rilevamento per il THC più alta, pari a 25 nanogrammi per millilitro, ed è considerato definitivo, senza bisogno di ulteriori accertamenti.
Queste differenze sollevano dubbi sull’equità delle procedure, poiché un conducente potrebbe risultare positivo o negativo a seconda del test utilizzato.
Uno studio dell’azienda sociosanitaria Papa Giovanni XXIII di Bergamo evidenzia come alcune sostanze possano essere rilevate anche a distanza di giorni dall’assunzione: fino a 48 ore per la cannabis e fino a 96 ore per cocaina e oppiacei. Ciò può portare a segnalazioni di positività per consumi non recenti, che non influenzano la capacità di guida.
Inoltre, medicinali comuni, come quelli usati per ipertensione, diabete o depressione, possono causare falsi positivi. Questo elemento preoccupa non solo i conducenti, ma anche gli esperti legali, che temono un aumento di contestazioni e ricorsi.
In assenza di test salivari sul posto o di evidenti segnali di alterazione psicofisica, i conducenti possono legittimamente rifiutare accertamenti invasivi come prelievi di sangue o urine, come stabilito dalla Cassazione (sentenza 14/03/2017 n. 12197). Tuttavia, questa possibilità potrebbe non sempre essere chiara a chi viene fermato, portando a potenziali abusi procedurali.