L’assessore alle politiche sociali pensa ad un Piano comunale del welfare e a riscrivere il Regolamento di accesso ai contributi. Dalla Regione 78mila euro per l’impiego di 21 ex lavoratori in progetti di pubblica utilità
Dalla Regione Campania sono in arrivo 78mila euro destinati a 21 ex lavoratori da impiegare per sei mesi presso il Comune di Atripalda in progetti di pubblica utilità in cambio di una retribuzione mensile di circa 580 euro: con la pubblicazione sul Burc è divenuta ufficiale l’approvazione del progetto Aurora ed il relativo stanziamento. L’anticipazione era già arrivata dall’assessore alle politiche sociali ed all’integrazione, Nancy Palladino, in questa intervista.
Assessore, le nuove leggi stanno riscrivendo il concetto di assistenza sociale: il nostro Comune è pronto?
Intanto cominciamo col dire che abbiamo trovato una situazione a dir poco disastrosa, sia dal punto di vista economico che organizzativo. Da oltre un anno i contributi unatantum non venivano erogati perché il bilancio non era stato approvato e quindi appena insediati ci siamo trovati di fronte a pile di documenti da esaminare e richieste sempre più pressanti da soddisfare.
E come vi siete regolati?
Le persone che avevano fatto richiesta del contributo di 200 euro erano 73, ne abbiamo soddisfatte 28 pochi giorni fa per un totale di 5.600 euro, di cui la maggior parte risalenti al 2016. La selezione è stata fatta cancellando dalla lista coloro i quali risultavano già beneficiari di altre forme di sostegno erogate dal Consorzio dei servizi sociali, sia sotto forma di contributo economico che voucher alimentare.
E quest’ultime quante ne sono?
Attualmente sono 34 le persone di Atripalda che hanno beneficiato fino a giugno di misure di contrasto alla povertà come il Sia (Sostegno per l’inclusione attiva) grazie ad un contributo mensile di 80 euro e altre 79 hanno ricevuto il vaucher alimentare di circa 250 euro previsto dal progetto Opis.
E per il futuro?
Intanto a breve partirà il Rei (Reddito di inclusione), la nuova misura unica di contrasto alla povertà, che sostituirà il Sia e l’Asdi (Assegno di disoccupazione). Dal 1° dicembre, cioè, le famiglie in possesso dei requisiti previsti dal decreto attuativo pubblicato in Gazzetta pochi giorni fa potranno richiedere un sostegno economico, fino a un massimo di circa 485 euro mensili, accompagnato da servizi personalizzati per l’inclusione sociale e lavorativa. Il sostegno economico varia in base al numero dei componenti il nucleo familiare e alle risorse di cui la famiglia dispone per soddisfare i bisogni di base. Entro un mese dovrebbe partire anche il progetto Aurora, avviato dalla precedente amministrazione, ma elaborato dalla nostra.
Di che si tratta?
La Regione Campania ci ha appena accordato un finanziamento di 78mila euro da corrispondere a 21 persone che sono uscite dal circuito lavorativo, finite in cassa integrazione, che saranno impiegate per sei mesi e per venti ore a settimana, con una paga di circa 580 euro mensili, in progetti di pubblica utilità, a salvaguardia dell’ambiente e monitoraggio del territorio, con compiti d’ufficio e su strada.
Atripalda, proprio tramite lei, è presente nel Consiglio di amministrazione del Consorzio dei servizi sociali: che significa questo?
Atripalda, essendo un comune irpino abbastanza grande, da sempre ha beneficiato di finanziamenti regionali destinati a soddisfare le esigenze sociali ed in più avendo già in organico un assistente sociale, non è stata particolarmente avvantaggiata dalla nascita dei consorzi sociali. Il consorzio è un ente giuridico che ha costi di gestione simili a quelli di un comune per cui gran parte del fondo d’ambito finanziato dalle quote che versano i comuni pari a 7 euro per abitante servono a coprire i costi di gestione, poi ci sono servizi che costano tantissimo per cui la quota che versiamo annualmente non basta a garantire un livello minimo di assistenza. Crediamo che sia giusto anche alzare la quota, ma non dover più intervenire direttamente.
Invece come è organizzato il settore a livello comunale?
Il comune segue le persone e le famiglie in stato di indigenza e difficoltà attraverso interventi diretti o indiretti. Gli interventi diretti sono essenzialmente i contributi unatantum di 200 euro che, però, non possiamo definire interventi di assistenza sociale perché in realtà si tratta di contributi unatantum erogati a pioggia. E’ nostra intenzione, infatti, sia ridurre la relativa voce in bilancio fissata attualmente in 15mila euro all’anno perché ci sembra eccessiva, sia riformare completamente il Regolamento di accesso a tali contributi attraverso una apposita commissione consiliare.
Come mai?
Se pensiamo che il consorzio dei servizi sociali che abbraccia 28 comuni e 100mila abitanti ha 20mila euro in bilancio e Atripalda da sola ne ha 15mila ci rendiamo conto che non c’è paragone e che la previsione va ridotta. Il Regolamento ancora in vigore, inoltre, è stato approvato alla fine degli anni ’90 ed infatti è ancora espresso in Lire.
In ogni caso 28 contributi economici sembrano pochi rispetto alla popolazione che si trova sotto la soglia di povertà…
L’idea è quella di varare il Piano comunale del welfare, cioè un sistema che garantisca a chi ne ha davvero bisogno la fruizione dei servizi sociali indispensabili. Oggi il contributo economico per molti è una abitudine consolidata, ma i servizi sociali non sono più quelli di vent’anni fa. Il nostro obiettivo è superare l’assistenzialismo tout court perché il Comune non funziona come un bancomat. E le assicuro che quando è necessario non mancano gesti di solidarietà personale. Puntiamo, attraverso i Piani di assistenza individuale, ad elaborare progetti mirati che vanno verso soluzioni di lungo periodo, mettendo in campo azioni che non mortificano le persone ma le mettano in condizione di ricambiare in qualche maniera l’aiuto che ricevono, attraverso forme di baratto simili a quello amministrativo. La povertà non è solo un concetto economico, ma anche morale, e la crisi economica ha lasciato molti strascichi, con persone di 50-60 anni che sono uscite dal mondo del lavoro e che hanno una famiglia da mantenere.
Il suo assessorato comprende anche l’integrazione sociale…
Sì, ed è l’unico in provincia di Avellino: una sfida che la nostra amministrazione ha voluto subito raccogliere perché l’integrazione è soprattutto una visione culturale che fa parte del cambiamento della società.
Come vi siete mossi finora?
Abbiamo ascoltato le associazioni cittadine per capire come la pensavano su questo tema e la risposta è stata incoraggiante. E ci siamo incontrati con i responsabili dei Centri di accoglienza straordinaria per avere un quadro della situazione.
Quanti migranti ci sono sul nostro territorio?
Da circa un anno abbiamo 40 ospiti divisi in due centri, tutti uomini, di età compresa tra i 19 ed i 27 anni, di religione prevalentemente musulmana e nigeriani. Alcuni lavorano come stagionali, altri chiedendo l’elemosina, altri dormono tutto il giorno. Uno di loro si chiama Hamadù, ha 28 anni, lavora e fa volontariato, è diplomato, parla italiano, vive da solo, ha la patente ed è diventato la nostra mascotte.
Che idee avete?
Le prime cose che faremo sono stringere un protocollo d’intesa con una associazione no profit di Mercogliano per organizzare corsi di alfabetizzazione per abbattere la barriera linguistica, l’adesione al programma d’intesa ministeriale attraverso il prefetto per l’impiego dei migranti in lavori di pubblica utilità e l’adesione al progetto contro la tratta per chiedere finanziamenti statali. E stiamo anche organizzando la “festa dei popoli”.
Di che si tratta?
Nell’ultimo fine settimana di novembre si svolgeranno convegni, laboratori, work shop, per confrontare le tradizioni, l’artigianato, la musica. Vorremmo che fosse l’inizio di una contaminazione e rivolgiamo un appello alla cittadinanza per far crescere la cultura dell’accoglienza, per virare verso una solidarietà vera. E lanceremo anche il brand “Atripalda solidale”.
Il Diurno per Anziani, ex Volto Santo, è stato completato?
I lavori sono ultimati e occorre avviare e rendicontare le attività alla Regione prima della fine dell’anno. E’ una struttura molto grande, destinata prevalentemente agli anziani. Probabilmente almeno all’inizio per gestire il servizio ci rivolgeremo al territorio, poi ci organizzeremo meglio anche con il Consorzio dei servizi sociali.
In ultimo, la “Casa di Adele”…
E’ chiusa da due anni, negando un servizio alla collettività provinciale, dopo che il bando per l’assegnazione è stato aggiudicato da una coop che ancora non ha avviato l’attività e non ha neanche pagato l’affitto. Era un fiore all’occhiello e la struttura che può ospitare dieci disabili psichici per favorirne il reinserimento sociale va rilanciata, anche revocando l’affidamento se necessario.