Sequestrati soldi e auto per oltre 160mila euro a tre dei quattro dipendenti indagati per truffa


Si alleggerisce la posizione del quarto funzionario, l’unico che ha restituito i soldi e che attualmente è al lavoro

L'avvocato Chieffo mentre esce dal Comune durante il blitz della Polizia (foto Cucciniello)

L’avvocato Chieffo mentre esce dal Comune durante il blitz della Polizia (foto Cucciniello)

Si registra una svolta nelle indagini che la Procura della Repubblica sta effettuando, con l’ausilio della squadra mobile della Questura, a carico di quattro dipendenti comunali accusati di truffa aggravata e continuata in concorso ai danni del Comune di Atripalda.

Questa mattina, infatti, sono stati notificati agli interessati, alle banche ed agli altri istituti di credito ove risultavano presenti conti correnti ed altre disponibilità finanziarie i provvedimenti di sequestro preventivo di denaro, auto e altri beni per l’importo complessivo di 162mila euro a carico di tre dei quattro dipendenti. La posizione del quarto funzionario (assistito dall’avv. Alfonso Maria Chieffo, nella foto), invece, l’unico che nel frattempo è rientrato a lavoro (in biblioteca comunale) e che ha già restituito la somma di 8.580 euro indebitamente percepita per circa un anno, sembra essersi oggettivamente alleggerita.

L’inchiesta, avviata nel febbraio dello scorso anno a seguito della denuncia presentata in Questura dal sindaco Spagnuolo, tende verificare l’ipotesi che i tre dipendenti abbiano posto in essere un’attività illecita consistente nell’inserire nel sistema informatico voci stipendiali non dovute in relazione ai livelli retributivi previsti per le qualifiche rivestite, disponendo anche mandati di pagamento recanti importi maggiorati che venivano inoltrati alla tesoreria comunale per l’accredito dello stipendio. Nel corso dell’attività investigativa emergevano inconfutabili elementi di colpevolezza a carico dei tre dipendenti i quali, nel corso di questi ultimi anni, avvalendosi di conoscenze informatiche specifiche, si erano appropriati, a più riprese, di somme di denaro che venivano contabilizzate sulle rispettive buste paga. In alcuni casi l’attività d’indagine ha permesso di individuare che le buste paga gonfiate venivano utilizzate dagli indagati per accedere a benefici di credito per la cessione del quinto dello stipendio presso alcune società di finanziamento, tutto ciò avveniva anche creando documentazione falsata a firma degli indagati seppur non competenti all’inoltro di tali istanze.



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