
Tragico femminicidio a Torino: allerta ignorato dal sistema di monitoraggio elettronico - Ilsabato.com
Il caso di Roua Nabi, una donna di 35 anni uccisa a Torino dal marito Abdelkader Ben Alaya, di 48 anni, ha riportato alla luce le gravi lacune nei sistemi di monitoraggio elettronico dei soggetti sottoposti a misure restrittive. L’episodio, avvenuto il 23 settembre dello scorso anno, solleva interrogativi sulle inefficienze di un sistema che dovrebbe tutelare le vittime di violenza domestica. Le analisi condotte sui dati del braccialetto elettronico indossato dal marito mostrano una serie di allerta che non hanno ricevuto alcuna risposta da parte delle autorità preposte.
La dinamica dell’omicidio e i segnali ignorati
Roua Nabi fu assassinata da Ben Alaya con una coltellata, e il successivo processo nei confronti dell’uomo è in programma per il 28 aprile. Il procuratore aggiunto Cesare Parodi ha accusato l’imputato non solo di omicidio, ma anche di maltrattamenti in famiglia e violazione del divieto di avvicinamento, una misura di protezione che il tribunale aveva imposto dopo le segnalazioni della donna. Questo divieto era stato emesso a luglio, subito dopo che l’uomo era stato sottoposto a arresti domiciliari per due settimane. Infatti, Roua Nabi aveva sporto denuncia il 30 giugno, sostenendo di essere vittima di violenze e minacce.
Le analisi rivelano che dal 19 al 30 agosto il braccialetto elettronico di Ben Alaya aveva registrato allarmi di batterie in esaurimento e purtroppo altri periodi in cui il dispositivo risultava irraggiungibile. Anche il dispositivo di localizzazione della vittima ha segnalato anomalie, confermando la precarietà della situazione che viveva. Questo quadro critico di indifferenza da parte del sistema di monitoraggio solleva interrogativi inquietanti sulla capacità di proteggere le vittime di violenza domestica.
Le segnalazioni degli alert e le responsabili mancanze
Il report della compagnia telefonica che gestisce i dispositivi di monitoraggio elettronico è stato cruciale per l’inchiesta, evidenziando gli allarmi lanciati nelle ore immediatamente precedenti all’omicidio. Quattro alert cruciali sono stati generati il giorno del delitto: alle 18.18, 18.32, 21.06 e 21.38. È particolarmente preoccupante che l’ultimo allarme, emesso un’ora e mezza prima dell’omicidio, non sia stato preso in considerazione dalla sala operativa. Dalla registrazione risulta che da quell’ora nessuna azione è stata intrapresa per monitorare la situazione di Roua Nabi o per intervenire in sua difesa.
Il fatto che Roua, nella mattina del 23 settembre, avesse accondisceso a far entrare in casa il marito, che viveva in auto per strada, evidenzia la complessità e la drammaticità delle dinamiche di violenza domestica. Le scelte della vittima, spesso influenzate dalla paura e dalla speranza di un cambiamento, richiedono una risposta più efficace da parte delle autorità, che non possono permettersi di ignorare i segnali di allerta. La serie di allarmi ignorati mette in discussione l’efficacia del sistema e la preparazione degli operatori a rispondere a simili emergenze.
Le ripercussioni legali e sociali
Il caso di Roua Nabi ha suscitato grande attenzione a livello locale e nazionale sul tema della violenza di genere e del supporto alle vittime. Le mancanze riscontrate nel caso specifico evidenziano come il sistema debba essere rivisitato e reso efficiente, affinché simili tragedie non si ripetano. In un contesto dove il femminicidio continua ad essere una problematica grave e attuale, l’emergenza di una protezione adeguata e tempestiva diventa quindi imprescindibile.
La prossima udienza del processo sarà un’opportunità per delineare ulteriormente le responsabilità legate alla gestione degli allarmi e valutare se siano necessarie riforme legislative o modifiche nei protocolli di intervento. A fronte di una società che chiede maggiore protezione per le vittime e una giustizia rapida ed efficace, il caso di Roua Nabi rappresenta non solo una tragedia personale, ma anche un allarme per l’intero sistema giuridico e sociale.