Domenica scorsa nella chiesa Madre di S. Ippolisto Martire si è celebrata della messa in suffragio
Sono passati trent’anni, ma sono nitide le immagini di quella lunga notte del 12 novembre 1987, trascorsa nel centro di comunità dai suoi giovani, attoniti, per la morte quasi improvvisa, a vegliare in preghiera il loro parroco. Questa sera come allora, caro Monsignore, ancora a pregare per te e con te ci siamo un po’ tutti: c’è la tua famiglia, i tuoi amici più cari ancora in vita, la tua comunità, ma soprattutto quelli per i quali avevi una predilezione particolare: i tuoi giovani, quegli stessi, oggi adulti, che nel giorno del funerale ti hanno portato a spalla, tra una folla immensa che la piazza di Atripalda pur così grande, non riusciva a contenere. Ci hanno raggiunto telefonicamente e sono con noi in preghiera anche gli amici delle Caritas marchigiane che, nella triste esperienza del terremoto del 1980, ci hanno sostenuto e accompagnato per diversi anni.
Parroco di questa comunità per 43 anni, don Raffaele è stato una guida ferma, un sacerdote dalle idee chiare, un padre, un amico che ha lasciato un’orma indelebile nel cuore di intere generazioni. Tutti noi siamo testimoni di un generoso servizio, di grande passione e amore per la Chiesa, di impegno per la sua comunità parrocchiale e per l’intera città di Atripalda. Quanta amarezza nel suo cuore quando, l’indomani del 23 novembre 80, si rese conto che la “sua” chiesa era un cumulo di macerie!!! E subito, senza esitare il suo grido di aiuto al vescovo e successivamente ai tanti volontari venuti dalle Marche: Aiutatemi a ricostruire la comunità! Con i giovani, anche quando era più avanti negli anni, aveva un modo tutto suo di relazionarsi, possiamo dire che ha praticato percorsi originali, talvolta difficili da comprendere, ma col suo modo di fare ne aveva sempre tanti intorno. In particolare con essi condivideva la passione per il calcio e spesso, a turno qualcuno beneficiava del suo biglietto per la partita dell’Avellino, allora in serie A, e anche della sua macchina.
La delicatezza dell’animo, la finezza del suo spirito, il tratto caritatevole di ogni suo gesto e di ogni sua parola erano le caratteristiche costanti del suo essere. Attento ai bisogni di ciascuno, con discrezione aiutava tutti e facilmente entrava in relazione sia con i semplici che con le persone autorevoli. Nel rapporto confidenziale, sapeva coniugare il suo fare scherzoso con la sua autorevolezza che racchiudeva in una parola: obbedienza, ripetendola solitamente tre volte. che non voleva dire certamente imporre arbitrariamente delle scelte o assumere per obbligo degli impegni, ma, questo lo abbiamo compreso crescendo; a modo suo esercitava il carisma del discernimento e il suo ruolo di guida spirituale. Quella parola, obbedienza, rivolta a ciascuno era un modo per aiutarli a fare scelte di vita in chiave vocazionale e permettere a Dio di realizzare il progetto che ha disegnato per ognuno e valorizzare i talenti ricevuti, con la consapevolezza che ciascuno ha ricchezze da donare e doni da condividere. Secondo questi principi aveva impostato tutta la sua azione pastorale. Egli amava la collaborazione, quella autentica che diventa corresponsabilità e che richiede la fatica di pensare insieme, nel dialogo, con gli incontri, e perché no, talvolta anche scontri.
Alcuni suoi slogan sono lapidari, impressi per sempre nella nostra mente ad esempio: “io non faccio niente senza di voi, voi non fate niente senza di me”. Sono le indicazioni conciliari di una chiesa comunione, in cui le diversità di carismi e ministeri e i vari stati di vita: sacerdoti, religiosi e laici trovano armonia e diventano ricchezza per tutti. Con questo stile ci ha educato, ci ha aiutato a crescere e a servire la Chiesa, senza ricevere nulla in cambio, nelle piccole e nelle grandi cose. Uomo del Concilio nelle scelte e nel pensiero, ha vissuto con coraggio e profezia il suo tempo. Lungimirante e, anche ormai anziano, sempre aperto alle novità. Come dimenticare le facce scandalizzate dei fedeli più conservatori per aver permesso di suonare in chiesa la chitarra la notte di Natale e cantare Bob Dylan! Un rapporto tutto particolare, proprio per il carisma che ne deriva dalla stessa associazione, lo aveva con l’AC. L’Azione Cattolica nei primi anni del suo sacerdozio, come proposta formativa per i giovani, era l’unica associazione ed egli nel corso degli anni anche quando, nel dopo Concilio, si è avuta la fioritura di altri movimenti giovanili all’interno della Chiesa, l’ha sempre promossa e sostenuta per il legame particolare che l’AC ha con la chiesa particolare e la parrocchia. Sono passati tanti anni dalla sua assenza, ma non ci siamo mai sentiti soli o abbandonati da lui; in una dimensione diversa, lo sentiamo sempre accanto e ancora oggi è sempre presente nei nostri discorsi. Il nostro legame con lui, proprio perché si fonda nella comunione ecclesiale, va oltre il tempo e lo spazio; è un legame che ci precede e ci supera. Il ritrovarci intorno alla mensa eucaristica, infatti, ci dice che non siamo qui per un ricordo, ma per fare “memoria”, una memoria affettuosa, riconoscente, grata. La memoria non è pura nostalgia del passato, né rimpianto sterile, né declamazione retorica. Memoria è esperienza essenzialmente spirituale: è presenza, comunione e testimonianza, è consegna. Tutti noi e soprattutto quei giovani a te tanto cari, caro Monsignore, ora adulti padri e madri di famiglia, grati e riconoscenti per la gioia di averti incontrato, questa sera eleviamo la lode a Dio per il dono che tu sei stato per la vita di ciascuno. Quei giovani che trascorrevano insieme a te ore ed ore in parrocchia oggi occupano posti di responsabilità lavorativa, sociale ed ecclesiale e dovunque si trovano, si sforzano di testimoniare gli insegnamenti ricevuti e di vivere nello stile della gratuità e del servizio.
Ci hai sempre insegnato, per dirla con don Tonino Bello che “nella vita non dobbiamo fare faville, non dobbiamo fare scintille, dobbiamo fare luce” (T. Bello). Ce lo ricorda anche la liturgia oggi, il mondo ha bisogno di persone che abbiano l’ardire di attraversare la notte, di accompagnare anche nella notte verso l’Aurora senza fine. La tua testimonianza di vita, rimane davanti a noi come esempio luminoso a cui guardare per condurre al largo le nostre esistenze e la vita della nostra parrocchia e della nostra città di Atripalda che hai tanto amato e ci impegna a consegnare alle nuove generazioni quanto di bello e di buono abbiamo sperimentato e condiviso. Tu oggi vivi in ciascuno di noi che da te si è sentito accolto, amato, valorizzato, e noi, questa sera ti immaginiamo sorridente e ironico, come sempre, accanto al tuo fraterno amico, per te Luigino, seppellito in questa chiesa, ma per noi tutti il nunzio apostolico che ha dato lustro alla città di Atripalda. Non possiamo dimenticare la tua trepidazione e la tua gioia quando ritornava, ogni anno, per la festa di San Sabino! E godiamo con te perché siamo certi che tu diventato prezioso agli occhi di Dio sei tenuto al sicuro in un infinito abbraccio.
Azione Cattolica di Sant’Ippolisto Martire