In uno dei locali dell’ex conservatorio verrà aperto un “emporio solidale”
Intanto, cos’è un emporio solidale?
L’emporio è un minimarket, un piccolo negozio di generi alimentari, che si definisce solidale quando ad utilizzarlo sono esclusivamente nuclei familiari e persone economicamente svantaggiate, attraverso modalità e tempi concordati con i Servizi sociali comunali.
Da chi verrà finanziato?
L’emporio solidale è a costo zero perché utilizza prevalentemente prodotti offerti dalle aziende, è gestito da volontari ed è ospitato in luoghi messi a disposizione gratuitamente.
E perché avete pensato di aprirne uno ad Atripalda?
Per una serie di ragioni. Attualmente ad Atripalda la distribuzione di derrate a chi ne ha necessità avviene esclusivamente attraverso i cosiddetti pacchi alimentari grazie alle consegne che periodicamente vengono effettuate dalla Misericordia e dalla Confraternita di Santa Monica a cui i cittadini si rivolgono, in alcuni casi anche su indicazione del Comune. E questo meccanismo, a nostro avviso, va superato.
Perché?
Intanto perché la risposta non è tempestiva. La distribuzione dei pacchi, cioè, avviene secondo un calendario che non sempre coincide con il calendario del bisogno, costringendo le persone a trovare altre soluzioni per mettere il piatto a tavola. E poi perché non è raro trovare pacchi alimentari ancora pieni di derrate gettati fra i rifiuti, come anche voi de “il Sabato” avete documentato qualche settimana fa, un fenomeno poco dignitoso e molto significativo.
E di qui l’idea dell’emporio solidale…
Sì, ci siamo chiesti come rendere il servizio più efficace e, dopo una serie di confronti con la don Tonino Bello onlus e l’Arci (Associazione ricreativa culturale italiana) provinciale, due organizzazioni da sempre impegnate nella gestione delle mense dei poveri e perciò con una lunga esperienza, ci siamo attivati per aprire anche ad Atripalda, così come già accade in circa duecento città italiane, un emporio solidale.
Perché avete scelto l’ex convento delle suore?
Perché la fondazione che gestisce la struttura, presieduta dal parroco don Fabio Mauriello, ha accolto favorevolmente l’idea, ritenendola assolutamente compatibile con la secolare vocazione dell’ex convento. Quindi, meglio fare qualcosa che non fare nulla, soprattutto se pensiamo che l’emporio potrà anche spingere la nostra comunità a diventare più resiliente, cioè maggiormente capace di superare le difficoltà, diventandone il riferimento.
In quali locali sarà allestito?
Al piano rialzato c’è un ambiente, separato dal resto dell’immobile, un tempo destinato ad alloggiare le suore che sarebbero dovute arrivare a sostituire le compiante badesse. Uno spazio che a breve sarà adeguato con un intervento di circa 5mila euro.
E chi finanzierà le spese iniziali?
Con l’Arci abbiamo chiesto alla Regione un contributo di 20mila euro per avviare l’iniziativa. I tempi di erogazione, però, non sono immediati ed abbiamo deciso di anticipare dal capitolo dell’assistenza sociale la somma necessaria a rendere gli ambienti idonei ad ospitare un minimarket. E se, come crediamo, l’esperimento dell’emporio andrà bene, si potrebbero anche aggiungere altri generi, come oggetti e vestiti usati, creando un mercatino del baratto e puntando a coinvolgere sempre di più sia i commercianti che i cittadini atripaldesi.
Quante persone stimate di intercettare?
La platea dei potenziali fruitori dell’emporio alimentare è determinata sulla base delle informazioni in possesso del Consorzio dei servizi sociali A5 e dall’Ufficio assistenza del Comune. Grosso modo stimiamo che ad Atripalda possano esserci almeno 40-50 famiglie o persone interessate, che salgono a 250-500 nell’intero ambito consortile.
Sono inclusi i rifugiati?
L’emporio non si rivolge né ai rifugiati e né agli immigrati, se non a coloro i quali, in possesso di regolare permesso di soggiorno oppure ospiti di un centro di accoglienza straordinaria, non riescano a soddisfare i propri bisogni primari.
A proposito, che novità ci sono sul fronte immigrati?
Per i rifugiati ed i richiedenti asilo il Comune ha già pronto il progetto dello Sprar che all’inizio dell’anno prossimo sarà presentato al Ministero per ottenere il finanziamento.
Puntate sempre sull’integrazione?
Non ci siamo mai fermati. Non a caso l’amministrazione comunale di Atripalda è l’unica in Irpinia ad aver istituito la delega all’integrazione. Purtroppo, con due decreti sicurezza, il governo precedente ha imposto una battuta d’arresto alla realizzazione degli Sprar. Se il governo attuale regge dovremmo raggiungere un altro degli obiettivi “sociali”, come amministrazione comunale, ci siamo prefissati all’inizio del mandato.
Quali?
Molto abbiamo già fatto, lanciando segnali forti e precisi sull’inclusione e sulle diversità, prima con la Festa dei popoli e poi con l’Abellinum Pride. E la città ha risposto benissimo, confermandosi aperta e accogliente. Adesso puntiamo ad accelerare, sia sull’integrazione con lo Sprar che sulla solidarietà con l’emporio. Il nostro brand è “Atripalda solidale”. E noi continuiamo a crederci.