Chi ha seguito, di persona o attraverso Facebook, l’incontro di domenica scorsa nella chiesa di San Pio fra un gruppo di abitanti di contrada Alvanite ed una delegazione di amministratori comunali non ha potuto non accorgersi della distanza abissale fra i bisogni e le possibilità . Non doveva andare così, ma così è andata. A contrada Alvanite il tempo sembra essersi fermato. Domande e risposte si ripetono ciclicamente avvitandosi in un vortice senza fine e anche senza memoria. L’impressione è che non se ne uscirà mai.
Ma aldilà di questo, c’è un altro aspetto che inquieta: l’incapacità di assumersi le responsabilità e di dirsi le cose per come stanno. Tutte le amministrazioni, chi più, chi meno, hanno sempre rinviato ad un futuro che non arriva mai la soluzione di un problema che più passa il tempo e più è difficile, se non impossibile, risolvere per un Comune troppo piccolo per allegerirne il peso e troppo grande per restarne schiacciato.
La nota positiva di oggi sta nel fatto che, attraverso l’impegno di qualcuno, forse si riusciranno ad accorciare le distanze, e non solo quelle fisiche, che hanno progressivamente aggravato le condizioni di una contrada che, in fondo, chiede solo di non essere abbandonata a sé stessa. Perché il destino di Alvanite non sembra così diverso da quello di Atripalda.
Salutiamo, infine, con grande piacere, dopo un paio di anni di sosta, il ritorno del prof. Lello La Sala al racconto della sua città , come solo lui sa fare, senza casacche se non quelle della verità , della passione, dell’esperienza e della memoria. Da questo numero in poi il prof. La Sala curerà per il giornale una rubrica fissa, di commento, graffiante e senz’altro stimolante, per alimentare utilmente il dibattito, e almeno una pagina di narrazione. Buona lettura.